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la testimonianza 2 Noi, pronte a tutto per non morire un po' alla volta

di «Stia tranquilla, il suo non è tumore, il cancro è genetico e lei non ha neppure familiarità», ci devo fare i conti ancora con i pezzi della mia storia, ogni tanto qualche lembo mi sfugge, mio malgrado. Si fa largo, vorrebbe diventare importante, respirare con me. Come un mostro. Piano piano ho imparato a riconoscerlo e a riacciuffarlo, senza rabbia. L'ho messo nell'angolo con una prevenzione costruita su misura, esattamente come ha fatto la grintosa star di Hollywood scegliendo l'intervento. Angelina Jolie, al contrario, la predisposizione genetica l'aveva. Ci era morta la sua mamma di tumore al seno, a 56 anni. L'attrice, bravissima e bellissima, da sempre sotto i riflettori, è cresciuta con questa ipoteca sul futuro: l'incombenza del cancro. E ora che i suoi figli sanno com'è morta la nonna e indagano «se la stessa cosa può accadere anche alla loro mamma», Angelina ha preso la sua decisione: via le mammelle a 37 anni, per sradicare ogni possibile rischio. Anch'io, come Angelina e come tutte le mamme davanti al cancro, ho cercato risposte a domande scomode e preso fra le braccia le paure di chi si sta affacciando alla vita. Per questo apprezzo la scelta di Angelina Jolie, ma considererei allo stesso modo anche l'eventualità opposta. L'importante è decidere. Chiedersi, in questo caso, se è meno ansioso per noi il turn over semestrale di mammografie e prelievi o un intervento risolutivo. Ritornare ogni volta allo stesso pensiero significa ingigantirlo, regalargli una vita autonoma, da mostro. Angelina sarebbe stata candidata a screening eterni. E noi sappiamo come si diventa fragili in quei secondi, basta un sopracciglio corrucciato, un colpo di tosse, una richiesta di approfondimento, per morire in anticipo, un po' alla volta. «Cosa sarà costato alla Jolie rinunciare al suo bel seno?», si chiedono gli uomini. Se ha preso la decisione di cui stiamo parlando (e non certo per esibirsi da amazzone ma avvantaggiandosi dei progressi della chirurgia plastica) sicuramente ha dato al décolleté il valore che ha: di una parte di sé e non di tutta se stessa. Il messaggio che mi piace cogliere da una decisione così drastica e volutamente pubblica è: care donne che vi state scoprendo a rischio o malate, prendete in mano la vostra vita, nessun medico può decidere al posto vostro. Informatevi e cercate, il labirinto che vi appare sterminato perderà le sue involuzioni. Non sentitevi perse, la volontà può tutto e la luce vi illuminerà.

Indignatevi davanti al cancro come fareste davanti a un'ingiustizia, approfondite questo male come un esame da studiare, prendetevi cura della vostra cura, cominciando dai dettagli.

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