La Thatcher di Bankitalia con la difficile missione di far quadrare il bilancio

Anna Maria Tarantola terza presidentessa. Cresciuta a Palazzo Koch, il suo credo è: "Con più donne al lavoro, Pil più elevato"

La Thatcher di Bankitalia con la difficile missione di far quadrare il bilancio

Roma La terza presidentessa della Rai, dopo Letizia Moratti e Lucia Annunzia­ta, è una cortesissima e competentissi­ma signora che di professione fa il ban­chiere centrale, e che forse non sa quale guaio le sia piovuto fra capo e collo. Abi­tuata ai toni suadenti ed ai passi felpati di palazzo Koch, potrebbe avere qual­che problema ad acclimatarsi fra le pres­sioni, gli strepiti e le porte sbattute di via­le Mazzini. Ma Anna Maria Tarantola, il vice direttore generale della Banca d’Ita­lia che il premie­r Mario Monti ha indica­to alla presidenza della tv di Stato è, sotto l’aspetto della classica signora lombar­da, una donna tenace e volitiva. È anche una femminista convinta, ma non nel senso che si attribuisce normalmente al termine: infatti, è fermamente convinta che una maggiore parità dei sessi nel la­voro, e una maggiore tutela della mater­nità e della famiglia, farebbe bene non al­le donne, o meglio non solo alle donne, ma al Paese. «Se più donne lavorassero, aumenterebbe di molto il pil», osserva. Di questi tempi bisognerebbe darle ret­ta.

Anna Maria Tarantola è nata a Casal­pusterlengo, sessantasette anni fa. Nel 1969 si laurea in Economia e Commer­cio all’Università cattolica di Milano con una tesi che non riguarda la produ­zione di latte, come ci si aspetterebbe da una giovane proveniente dal Lodigiano, ma le teorie neoclassiche e keynesiane di fronte ai problemi monetari interna­zionali. Prosegue gli studi nella prestigiosa London School of Economics e, nel 1971,entra in Banca d’Italia. Il primo im­pegno è nell’ufficio vigilanza della filiale di Milano: è come mandare una recluta in prima fila, di fronte a potenti armate ostili. Poi una lunga carriera interna, che la porta da Varese a Milano, da Bre­scia a Bologna. Infine Roma. Nell’aprile 2006 è nominata Funzionario generale preposto all’area Bilancio e controllo con la qualifica di ragioniere generale.

Nel febbraio 2007 assume la carica di funzionario generale preposto all’area vigilanza bancaria e finanziaria,mante­nend­o la sovrintendenza dell’area bilan­cio e controllo fino al luglio 2008.

L’anno successivo diventa la prima donna a ri­coprire la carica di vicedirettore genera­le della banca: la prima donna nel Diret­torio, feudo maschile fino ad allora invio­lato. Fra un impegno di lavoro e l’altro si è sposata con uno stimato professioni­sta milanese, il commercialista Carlo Ronchi, ha avuto due figlie, e adesso due nipotine,che adora. Lei,che si è realizza­ta­come banchiere centrale e come mo­glie e madre, non si stanca di dire che «le donne possono farcela: bisogna creder­ci, avere coraggio e prepararsi. Certo non tutte hanno la fortuna di lavorare in un ambiente meritocratico come quel­lo della Banca d’Italia».

L’annuncio della designazione, la si­gnora Tarantola l’ha avuto a Milano mentre presentava lo studio della banca centrale sull’economia lombarda. E d’istinto ha detto sì. Ieri sera, a freddo e fra le mura della sua casa milanese, for­se avrà avuto un ripensamento? Chi la conosce un pochino ne dubita. Dietro una messa in piega vagamente retrò, gli occhiali dalla leggera montatura, i tail­leur alla Margaret Thatcher e il disar­mante sorriso c’è una donna di polso, forse non una Thatcher perché, appun­to, sorride, ma una donna determinata. La signora Tarantola ama la musica classica, la lirica, ama l’Università (dove ancora insegna) e legge di tutto, anche romanzi. Ma è soprattutto, ed è questo che ci interessa come cittadini, una don­na di rara competenza. Anna Maria Ta­rantola ha una passione per la governan­ce, la buona governance, sia nelle ban­che che in un’azienda difficile come la Rai. Ed è convinta che il problema princi­pale, fra i mille della nostra azienda ra­diotelevisiva, sia proprio una governan­ce insostenibile, tanto è politicizzata e confusa.

Al momento della successione a Mario Draghi, nominato presidente della Bce, qualcuno pensò a lei per la ca­rica di governatore. La cosa non andò in porto, ma adesso Anna Maria Tarantola deve prepararsi a una sfida, se possibile, ancor più difficile.

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