Togato, sindacalista o liberale: al Colle una poltrona per troppi

La corsa per il Quirinale iniziata da tempo. E ogni giorno spunta un nome nuovo Da Letta a Prodi, da Amato a Dini: ecco chi potrà essere il nuovo capo dello Stato. I CANDIDATI

Togato, sindacalista o liberale: al Colle una poltrona per troppi

Quirinale, una poltrona per troppi. Il nodo è lì: la sinistra vuole un alleato alle Procure che consenta l'attacco finale a Berlusconi. Il Cavaliere cerca di impedirlo. Sulla carta la scelta va condivisa ma, di fatto, il Pd può imporre un suo uomo visto che alla quarta votazione basta la maggioranza assoluta. Così, la già calda trattativa sul nascituro governo si mescola a quella rovente sul prossimo capo dello Stato. Ogni ora germogliano nomi nuovi che con la stessa rapidità si bruciano. Tanti i candidati per questo conclave laico di metà aprile. Tra i papali c'è Giorgio Napolitano, il candidato impossibile. Oggi piace di più al Pdl per come ha gestito la crisi e per le stoccate alle toghe più faziose. Ma Re Giorgio ripete di non poter fare il bis.

Ci sono poi i candidati di bandiera di Silvio Berlusconi. Lui stesso, oppure Gianni Letta il negoziatore: sommo e instancabile tessitore di intese politiche, è considerato troppo vicino al Cavaliere per essere accettato dalla sinistra, sebbene da sempre sia un interlocutore legittimato. Stesso discorso per Antonio Martino il liberale. Ministro del primo governo Berlusconi, è un turbo liberista che il Cavaliere ama ma risulterebbe indigesto ai socialsinistrorsi. Troppo berlusconiano pure Renato Schifani il moderato. Sebbene capo delle colombe azzurre, viene giudicato troppo colorato, seppur di azzurro tenue. Altra carta del centrodestra è Marcello Pera il saggio. Ex presidente del Senato, filosofo, ha dimostrato spesso di non essere così berlusconiano e piacerebbe tanto alla Santa Sede, visti i suoi rapporti d'acciaio con Oltretevere. Per questo è ben visto pure dai cattolici piddini. Poi c'è Lamberto Dini il redivivo. Sorta di pezzo d'argenteria, è stato un po' tutto: ministro del I governo Berlusconi, premier post ribaltone, governatore di Bankitalia. Per lui tifano i notabili e i rimasugli della Prima Repubblica. Difficile diventi Papa.

Bruciata, specie da se stesso, la candidatura di Mario Monti il fenomeno. Da salvatore della Patria e aspirante a tutto, il premier uscente non ne ha più azzeccata una: è «salito» in politica contro gli auspici di Napolitano; ha tramato per raggiungere lo scranno più alto di palazzo Madama; ha di fatto ammesso che della politica non ne può più pur essendone stato stregato. Lo vogliono soltanto l'esile pattuglia dei centristi e, sempre meno, le cancellerie europee. Pure la Lega ha un suo candidato di bandiera con poche chances di tagliare il traguardo: Giulio Tremonti il contabile.
Restano alte, invece, le quotazioni di Giuliano Amato il dottor sottile. Già premier, pluriministro, presidente dell'Antitrust, è di sinistra ma di un rosso sbiadito. Dicono che Berlusconi lo apprezzi per l'onesta e per il suo garantismo di fondo. Pregi che diventano difetti per chi lo guarda con le lenti a forma di manette. Papabile pure Franco Marini il sindacalista. Ex presidente del Senato, ex ministro del lavoro, Marini è sponsorizzato dai moderati del Pd, molto meno dai sinistrorsi radicali.

I quali fanno invece il tifo per Romano Prodi il mortadella. Fumo negli occhi dei pidiellini perché capacissimo, democristianamente e mellifluamente, di fare da sponda alla magistratura più militante e distruggere l'eterno nemico Berlusconi. Meno smaccatamente antiberlusconiano, Giuseppe De Rita il professore. Fondatore e presidente del Censis, ex presidente del Cnel, schierato ma in modo chic. Sponsor: gli intellettuali e la sinistra salottiera.

In calo, invece, le quotazioni di Pietro Grasso il togato. Il neo presidente del Senato, ex magistrato e non troppo inviso al centrodestra, proprio per questo motivo sta perdendo appeal tra i manettari. Se a ciò si aggiunge il fatto che non piace al Fatto di Travaglio & C, avendone incrociato le sciabole di recente, il suo conclave pare compromesso. Meglio, per la sinistra-sinistra, Gustavo Zagrebelsky il sovietico. Giudice della Corte costituzionale, esponente manettaro di spicco del partito di Repubblica, considera Berlusconi una sorta Hitler da eliminare dalla faccia della terra. Piace ai grillini e ai piddini strong.

Meno sguaiato l'altro candidato forte dei giustizialisti, Stefano Rodotà il professore. Ex radicale, ex Pci, ex Pds, ex garante della privacy, sarebbe ben visto dai pentastellati e dai democratici più oltranzisti.

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