Le toghe si accorgono che il Cav è candidato

Milano «Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche pubbliche», dice l'articolo 51 della Costituzione. E del diritto a candidarsi alle elezioni - stabilisce ieri il tribunale di Milano - fa parte quello di farsi in pace la campagna elettorale: anche se ti chiami Silvio Berlusconi e sei imputato contemporaneamente in tre processi. Il candidato Berlusconi, stabilisce ieri il tribunale, ha diritto a vedere un suo processo congelarsi per tutti il tempo della campagna, per poi riprendere all'indomani del voto.
È una decisione importante, perché contraddice platealmente quanto altri tre giudici della stessa sezione dello stesso tribunale avevano stabilito appena quattro giorni fa. Già lunedì scorso infatti, nell'aula del processo per il caso Ruby, i legali del Cavaliere avevano chiesto ai giudici una moratoria elettorale: ed erano stati quasi maltrattati sia dal pubblico ministero Ilda Boccassini, che aveva accusato i legali di «avere avanzato una questione politica e non giuridica», aveva invocato il principio costituzionale di un processo in tempio brevi, e per finire addirittura rimarcato il fatto che il Cavaliere non sia il candidato premier della sua coalizione; e sia dal giudice Giulia Turri, che aveva respinto la richiesta di tregua affermando che la moratoria per motivi elettorali «non rientra in alcuna delle ipotesi di sospensione previste dalla legge». In sostanza, l'imputato Berlusconi era stato accusato di cercare per l'ennesima volta un trattamento di riguardo.
Ieri, una richiesta-fotocopia viene avanzata da uno dei legali di Berlusconi, Piero Longo, nell'aula di un altro processo al Cavaliere, quello per l'intercettazione di Piero Fassino finita - prima ancora di venire trascritta e depositata - sulla prima pagina del Giornale: uno scoop conquistato con mezzi illeciti, secondo la Procura («ma non mi risulta che inchieste siano mai state aperte sugli scoop di Repubblica o del Fatto», dice ieri in aula Longo) che ha chiesto la condanna di Berlusconi a un anno di carcere. Se la giustizia fosse una scienza esatta, anche i giudici del processo Fassino-Unipol ieri respingerebbero sdegnati la richiesta di tregua.
Invece basta una breve camera di consiglio al tribunale presieduto da Oscar Magi per stabilire che sospendere il processo per un mese è pienamente rispettoso della legge. Si tratta, dice il provvedimento di Magi, di tenere in considerazione «diritti estranei alla difesa purché dotati di significativa rilevanza e non puramente dilatori»: verificando, cioè, che non si voglia solo perdere tempo. E «nel caso in questione si tratta di riconoscere esigenze legate all'esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto, quale quello di cui all'articolo 51 della Costituzione». Il diritto a prendere parte alla vita politica del Paese, elezioni e campagne elettorali comprese.
Il processo, dunque, si ferma fino al 7 marzo: ibernata la prescrizione, l'ultimo atto compiuto resta l'arringa di Massimo Montesano, difensore del Cavaliere, che ha chiesto l'assoluzione «senza se e senza ma». La stessa Procura, d'altronde, aveva chiesto di archiviare la posizione di Silvio Berlusconi, e solo il diverso parere di un giudice preliminare ha costretto a portare l'ex premier sul banco degli imputati. Ora tocca a Oscar Magi sbrogliare la complicata matassa della vicenda del nastro di Fassino, «abbiamo una banca!», e della sua pubblicazione sul Giornale.

Ma la decisione avverrà fuori dalle procelle della campagna elettorale, quando già si saprà da giorni chi ha vinto e chi ha perso. Mentre la sentenza per il caso Ruby potrebbe piombare sul dibattito politico il 18 febbraio, a una manciata di ore dall'apertura dei seggi per il rinnovo delle Camere.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica