La sveglia, buttandolo giù dal letto delle illusioni matrimoniali, gliela dà direttamente Matteo Renzi. Angelino Alfano inorridisce: altro che talamo. Le modifiche alla Bossi-Fini e le unioni civili: due misure micidiali quelle studiate dal sindaco di Firenze. Per il leader del Nuovo Centrodestra sarebbe un doppio bagno di sangue. Meglio correre ai ripari e far capire, o almeno provarci, che il governo Letta-Renzi-Alfano può perdere il terzo vagone perché Alfano non può fare il cane da guardia di un governo di sinistra-sinistra. Certo, nella sua mente dev'essere balenata l'idea luciferina, ma non troppo vista la politica italiana, che Renzi abbia studiato apposta i due provvedimenti, aggiunti come contorno alla pietanza forte della legge elettorale, giusto per crepare il già fragile cristallo dell'esecutivo. E, se il cristallo (...)
(...) dovesse andare in pezzi, Renzi agguanterebbe le urne. Alfano, che rischia di diventare, se già non lo è, la foglia di fico del governo rosso, la «stampella della sinistra» come l'ha catalogato Umberto Bossi in un'intervista al Giornale, pianta dunque un paletto. Anzi due e si prepara allo scontro, in una guerra in cui tattica e strategia si confondono e si sovrappongono. Punto primo, le temibili unioni civili con inevitabile coda di polemiche nel mondo cattolico, di rivolta nell'elettorato moderato, che già è tiepido-freddino nei confronti dell'avventura degli scissionisti di centrodestra, di apprensione ai piani alti delle gerarchie. «Non si può pensare alle unioni civili senza pensare prima alle famiglie», alza la voce Alfano. Che tenta di ributtare la palla dall'altra parte. Siamo al muro contro muro, anche se è difficile distinguere in questa fase le schermaglie dalla polpa. E comunque, semplificando ma non troppo, si potrebbe sostenere che a Renzi interessa la legge elettorale. Passepartout necessario per sbloccare la combinazione delle urne. Il resto, a voler essere maliziosi, serve più a dividere e a far precipitare gli eventi. Renzi, si sa, diffida di Letta e Alfano, «due democristiani», dunque alza ostacoli. Per Alfano la difesa della famiglia, per di più dentro la compagine di un governo orientato, è la linea del Piave. Come la tenuta della Bossi-Fini i cui pilastri Renzi ha abilmente minato. «Con la sicurezza degli italiani non si scherza», ribatte a muso duro Angelino. Che poi aggiunge: «Fra quelli che si sono cuciti la bocca nel Cie di Roma alcuni avevano già i conti in sospeso con la giustizia».
Insomma, un crollo della diga anticlandestini eretta dal governo Berlusconi sarebbe, per il vicepremier, una pietra al collo. Un disastro inimmaginabile. Come ritrovarsi nella parte scomodissima di colui che riconosce, sia pure in forma embrionale, le famiglie gay. Così respinge al mittente i messaggi e apre un confronto duro con i partner. Ma lo spazio, il perimetro entro cui si muove, si restringe. Se la rottura con il Cavaliere è avvenuta sul tema scivoloso della permanenza nell'esecutivo, allora Alfano ha bisogno di tempo, molto tempo, per portare a casa qualche risultato e per costruire il partito piccolo piccolo. Il problema è che Renzi, l'azionista di maggioranza della maggioranza, il tempo non vuole perderlo e dunque corre. Riempie di trabocchetti il percorso dei partner e aspetta. Alfano si è già assegnato la parte problematica, azzardata della sentinella antitasse in un governo che ha tolto l'Imu, ma nemmeno del tutto, per sostituirla con l'impronunciabile ma costosissima Iuc. Ora cerca disperatamente una bandiera da sventolare. E la trova nel solito spread: «Il calo dello spread - spiega al Tg2 - è un'ottima notizia, una tassa occulta in meno sulle famiglie e anche una base su cui avviare il rilancio dell'occupazione e dell'economia». In mancanza di meglio, la medaglia al petto se l'appunta da solo. Poi apre a Renzi sulla legge elettorale: «Ok sulla tempistica, va bene se a febbraio passa il primo sì alla Camera e ci fidiamo non sia per anticipare il voto». Peccato che anche Berlusconi abbia risposto sì alla proposta, chiedendo però di bruciare i tempi. Proprio come vorrebbe lo scalpitante Renzi. E così Alfano continua a cercare l'uscita del labirinto in cui si è cacciato.
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