Roma - Doppio quesito referendario e doppio «rimborso» per Di Pietro, gran promotore di referendum, ultimo dei quali quello per abolire i finanziamenti ai partiti. Nel frattempo, però, la sua Idv mette a bilancio il finanziamento, previsto dalla famigerata legge, per i due quesiti del 2011, quello contro il legittimo impedimento di Berlusconi e quello contro il nucleare. Tradotto in euro fanno 500.378,33 di rimborso pubblico per il primo quesito e altri 500.378,33 per il secondo, pari a un totale di 1.000.756,66, riportati nell'ultima Relazione sulla gestione finanziaria dell'Idv come «contribuzioni da persone giuridiche», insieme ai 594.236 euro diligentemente versati al partito dai parlamentari (il leader vigila attentamente...). Ma come, oltre al rimborso elettorale per i partiti, c'è pure il rimborso del referendum? Sì, tutto scritto nella legge del 1999, in base a cui «viene attribuito ai comitati promotori un rimborso pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell'importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte» entro un limite massimo pari a 2.582.285 euro annui.
Ovviamente, per scattare il rimborso, serve che il referendum superi il quorum, cosa avvenuta per i quesiti del 2011. Dunque ai promotori è toccato un rimborso, e tra questi c'era l'Idv di Di Pietro, che ha così goduto di un finanziamento pubblico di 1 milione di euro circa. A fronte di cosa? Di tutte le spese per la raccolta firme, che dal bilancio non possiamo quantificare, se non in una cifra, 100mila euro, citata come contributo all'associazione «Comitato vota sì per fermare il nucleare». Un quinto del rimborso maturato per quel solo quesito.
Tutto in regola, chiaro come il sole. Se non fosse che Di Pietro si è lanciato in una campagna contro il finanziamento dei partiti, addirittura depositando in Cassazione, ad aprile, un quesito referendario per l'abolizione del finanziamento pubblico (col paradosso che se passasse, l'Idv avrebbe diritto a un rimborso per il referendum contro i rimborsi...). Altri referendari si sono regolati diversamente. Quelli del «forum italiano dei movimenti per l'acqua», per esempio, hanno raccolto 450mila euro tra donazioni di cittadini e associazioni, con la promessa di restituirli in caso di vittoria (cioè di incasso del rimborso pubblico), cosa che sta effettivamente succedendo, con un discreto avanzo di cassa peraltro.
Ma un partito è un partito, e costa di più di un comitato referendario. Solo per la campagna elettorale in Molise, dove alle Regionali 2011 era candidato (poi eletto) il figlio del leader, Cristiano Di Pietro, l'Idv ha speso 160mila euro, con 62mila euro tra acquisizioni di spazi su giornali e tv molisane, molto influenti a livello locale (anche se lì i Di Pietro giocano in casa). A livello nazionale invece si apprende dell'esistenza di un «Giornale dell'Italia dei valori», come recita in sottotestata Orizzonti nuovi, quotidiano edito da Il Gabbiano società cooperativa sociale di Benevento, finanziato dall'Idv nel 2011 con 6.600 euro. Nella gerenza si legge pure «Organo dell'Italia dei Valori, fondato da Antonio Di Pietro».
Ma le spese sono altre, per cui sono graditi i rimborsi per le fatiche referendarie del leader Idv, messo in grande difficoltà dal Movimento Cinque stelle di Grillo, che invece rimborsi non ne prende. Come li pagherebbe Di Pietro, sennò, i 4.597.622 euro di «spese per servizi»? Tra cui 491mila euro per «viaggi, trasferte e rappresentanza» di parlamentari e dirigenti Idv, 112mila euro di utenze telefoniche, elettricità e gas, 211mila euro in consulenze legali e notarili, 426mila euro per «spese collaboratori», 3.107.000 per servizi accessori «anche elettorali, di comunicazione, manifestazioni e propaganda», 173mila euro per «manutenzioni, riparazioni, assicurazioni, spese pulizia». Meno male che, oltre al milione del referendum vinto, ci sono i rimborsi elettorali, che per l'Idv nell'anno scorso rappresentano 11.074.267 euro.
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