Si aprono nuove strade per scrittori di libri gialli e sceneggiatori di film thriller, alla ricerca del delitto perfetto. Per liberarsi di un automobilista non serviranno più macchinose manomissioni all'impianto frenante, allo sterzo o all'acceleratore, sarà sufficiente usare un computer senza nemmeno toccare il veicolo. Ma potrebbero bastare anche un tablet o uno smartphone, con la certezza di non lasciar tracce.
Se per gli amanti del genere la novità sarà accolta con entusiasmo, sta crescendo un reale allarme nel mondo dell'automotive, per il concreto aumento di possibili attacchi da parte di hacker sui mezzi di trasporto dell'ultima generazione, magari con l'obiettivo di ricattare i produttori di auto. Sotto osservazione è la sempre crescente presenza di elettronica sulle auto, e nello specifico lo sviluppo dei cosiddetti sistemi di infotainment, connessi alle reti esterne con dispositivi wifi, cellulari e Bluetooth.
L'allarme era già stato lanciato dalla McAfee, l'azienda americana specializzata in software antivirus, che nel 2011 aveva pubblicato un rapporto su questo tema specifico. Nel corso di una conferenza a Las Vegas, era stato dimostrato come fosse possibile aprire e bloccare le serrature, ma anche avviare il motore, utilizzando semplici messaggi di testo.
Da allora i sistemi di infotainment si sono moltiplicati e così anche le possibilità di interagire con ogni genere di dispositivo, ma la protezione dei dati non ha viaggiato alla stessa velocità. Le stime quantificano in circa il 15 per cento le auto immatricolate che consentono l'accesso al web, con una crescita esponenziale, che potrebbe raggiungere l'80 per cento in cinque anni. Sono gli investimenti a confermarlo, visto che attualmente quasi la metà dei costi di produzione finisce nella dotazione elettronica, che può comprendere fino a 80 processori e oltre tre km di cavi.
Le posizioni a questo proposito dei vari soggetti coinvolti non sono omogenee. Secondo la tedesca Bosch, per esempio, il problema attualmente non sarebbe tale, poiché le connessioni alla rete si limitano a dispositivi che forniscono informazioni, senza entrare in profondità nell'architettura di un veicolo. Daimler, pur non alimentando l'allarme, riconosce che gli odierni mezzi di trasporto sono sempre più interconnessi, e per questo motivo sono già presenti dispositivi in grado di allontanare il rischio di intrusioni di qualunque genere.
A rendere più complessi gli attacchi è l'eterogeneità dei sistemi dei vari costruttori, ma è chiaro che ogni nuovo dispositivo aggiunto si trasforma in una potenziale porta di accesso. La conferma arriva dal test congiunto che i ricercatori delle università americane di San Diego e Washington hanno effettuato su una pista. Qui, l'impianto frenante di una vettura lanciata a 60 km/h è stato disabilitato tramite un computer portatile comandato da un tecnico a bordo di un'auto che procedeva a pochi metri di distanza. Una prova che lascia intendere come, una volta raggiunto il cuore informatico, si possa arrivare a manomettere molti dei dispositivi nati per favorire la sicurezza di chi guida.
Gli esempi di ciò che è realmente alla portata di un pirata informatico sono numerosi, si va dalla semplice possibilità di spegnere tutte le luci, esterne e interne, quando si viaggia di notte, alla capacità di intervenire nella gestione del motore, facendolo ammutolire, o al contrario accelerando. In alternativa, si potrebbero disattivare i sistemi elettronici per il controllo della stabilità, l'Abs dei freni e anche il servosterzo comandato elettricamente. Senza dimenticare che è tecnicamente possibile modificare tutte le informazioni fornite dal cruscotto, prima tra tutte le velocità, e perfino i dati del navigatore. A questo proposito, il Gps può guidarci verso mete diverse da quelle che abbiamo impostato, oltre a essere utilizzato con sistema di localizzazione.
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