L'Italia ebbe bisogno del risolutivo aiuto degli angloamericani per liberarsi dal nazifascismo, in mancanza del quale saremmo ancora tutti qui irrigiditi nel saluto romano e magari in camicia nera. Per cui è giusto che, oggi, se un Paese è schiacciato da una dittatura e vive nel terrore seminato da un regime dispotico, noi si corra in soccorso del popolo aspirante a togliersi il giogo. In linea di principio mi sembra che questo concetto sia inattaccabile. Ma siamo sicuri che si adatti all'Afghanistan? Non credo.
Oddio, una decina di anni fa, quando gli Usa e i suoi alleati decisero di occupare Kabul e dintorni, la situazione internazionale era diversa da ora. Erano appena state abbattute le Torri gemelle a New York e l'imperativo era catturare a ogni costo il mandante dell'attentato: Osama Bin Laden. Questi dov'era nascosto? In Afghanistan, risposero i servizi segreti americani. Ecco perché George Bush intimò ai talebani: o ci (...)
(...) consegnate l'organizzatore della strage oppure noi veniamo a prendercelo. I fondamentalisti islamici fecero spallucce e l'esercito partì per stanare il nemico. Bisognava però dare alla missione un significato nobile almeno in apparenza: esportare a Kabul la democrazia. Campa cavallo.
Sono trascorsi da allora un paio di lustri e più, ma quella afghana continua a essere una spedizione in perdita: di vite umane, di tempo, di mezzi. E della democrazia c'è solamente un simulacro. Nonostante ciò, Barack Obama insiste sulla linea di Bush e pretende da noi un appoggio militare che non possiamo permetterci di assicurargli, per motivi finanziari (non abbiamo più un euro da investire in imprese fallimentari) e anche umani: è assurdo che 52 nostri soldati siano morti per proteggere una democrazia inesistente. Ed è ancora più assurdo seguitare a esporre truppe col tricolore al rischio di agguati da parte di talebani che rifiutano modelli politici e culturali occidentali.
Tra l'altro, Bin Laden è stato ucciso un anno e mezzo fa dagli statunitensi, cosicché l'obiettivo bellico iniziale non esiste più nemmeno quale pretesto.
Cessare le ostilità. Ci si renda conto che rimanere in Afghanistan non ha alcun senso se non quello, da respingere, di aderire a una campagna velleitaria di civilizzazione di un popolo che, invece, ha il diritto all'autodeterminazione del proprio destino, disdegnando ingerenze straniere non richieste né in grado di produrre effetti positivi, come si è constatato in un decennio di stragi.
L'Italia, in particolare, non ha alcun interesse da tutelare in questa guerra ipocritamente denominata «missione di pace». Ma che razza di pace è quella che ci è costata fin qui 52 vittime e una quantità sterminata di quattrini? Il dietrofront, per quanto tardivo, si impone. E se Obama si arrabbierà, ce ne faremo una ragione.
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Fabbri a pagina 12
di Vittorio Feltri
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