nostro inviato
a Santa Margherita Ligure (Ge)
I poteri forti e quelli deboli sono seduti amabilmente fianco a fianco, chiacchierano, sorridono. Formano la prima fila del convegno dei giovani industriali. Imprenditori, Corriere della Sera, governo. Lincipriato «fair play» delle formalità non nasconde però la distanza denunciata da Mario Monti.
Il potere numero uno è incarnato da Giorgio Squinzi, neo presidente di Confindustria. Il quale smentisce solo in parte di aver abbandonato lesecutivo: «Noi sosterremo tutto quello che il governo farà nella direzione giusta di ritrovare lo sviluppo in questo Paese. Su questo potrà contare sul nostro pieno supporto». Su «questo», cioè sul fronte della crescita, perché «lindustria in Italia è una risorsa importante e viva, pari al patrimonio artistico, ambientale e culturale che ci hanno fatto diventare un Paese di eccellenza». Sul resto Squinzi glissa: «Le difficoltà sono così tante che non mi sembra il momento di fare polemiche». Il suo messaggio ai giovani imprenditori è comunque chiaro: primato alleconomia reale, alla manifattura. «Limprenditore è luomo del fare» e «il tempo delle analisi è scaduto». Al governo non chiede sussidi ma due cose: semplificazioni normativo-burocratiche e «un fisco equo, trasparente, certo».
Dal mondo imprenditoriale unapertura di credito verso Palazzo Chigi arriva da Paolo Scaroni, ad dellEni, che invita i giovani colleghi a «non scaricare tutto sul governo». «Non cerchiamo capri espiatori - ammonisce - Noi vogliamo una nuova legge sul mercato del lavoro, perché lattuale è la principale responsabile della disoccupazione giovanile, e una riforma profonda dellapprendistato sul modello di quello introdotto da Schroeder in Germania. Il lavoro manuale è dignitoso come quello dufficio. Non esistono lavori umili e degradanti, esistono soltanto lavori fatti male».
Il potere forte numero due ha il viso giovanile e il leggero accento yankee di Alberto Alesina, economista trapiantato negli Usa e autore, in coppia con Francesco Giavazzi (che da qualche settimana è pure consulente del governo), di articoli molto critici verso Monti. Alesina conferma punto per punto le sue riserve: lunica sufficienza in pagella riguarda la riforma delle pensioni, poi il buio. Per aggiustare i conti pubblici si è agito solo sul lato delle imposte e non dei tagli di spesa per evitare la spirale recessiva; delle liberalizzazioni è rimasto soltanto il tentativo iniziale; la spending review è stata una delusione. E la riforma del lavoro sta diventando un pasticcio così complicato che nessun imprenditore oserà applicarla. Il professore si prende anche qualche fischio quando dice che «lItalia non ha bisogno di nuove strade, ponti e ferrovie, ma di capitale umano e riforme a costo zero». I rampolli degli industriali delle costruzioni e indotto non gradiscono. Ma il clima rimane più teso nei confronti del governo che verso Alesina, il quale sulla prima pagina del Corriere mette per iscritto quello che moltissimi imprenditori pensano.
La difesa di Monti - cioè del «potere debole» - è affidata a uno dei suoi numeri due, Vittorio Grilli, viceministro dellEconomia. Che si presenta con un biglietto di visita poco gradito: nessun rinvio della prima scadenza Imu, particolarmente gravosa per gli imprenditori. Brutte notizie anche sulla situazione generale: «Dobbiamo mantenere tutti la coscienza che il momento era gravissimo in autunno e continua a esserlo. Bisogna continuare a ragionare in termini di emergenza permanente su tutti i fronti».
Il messaggio del governo ai poteri forti che prendono le distanze è lampante: avete poco da criticare, quello che è stato fatto doveva evitare il rischio di affondare, e questo pericolo non è scongiurato. Le prospettive indicate da Grilli sono ambiziose ma oggettivamente velleitarie: «In gran parte la lotta agli sprechi è già stata fatta quando sono stati tagliati i budget dei ministeri. Ora bisogna estendere questi tagli su tutto il territorio nazionale». Si tratta cioè di ridimensionare la pubblica amministrazione, renderla più piccola, «ridare alleconomia privata gran parte di quello che fa oggi il settore pubblico», accompagnato la riforma con una riduzione del patrimonio pubblico (immobiliare e delle municipalizzate).
Un processo «delicato, non indolore», in modo che lo Stato possa «garantire lessenziale al costo giusto e chiudere il resto». Dunque il governo si propone nientemeno che «un ridisegno della società». Chiudere cosa? Sanità, scuola, assistenza, difesa? Grilli non lo dice: oggi il problema del governo sono i poteri forti e i nuovi vertici Rai.
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