RomaIl tenente Hiroo Onoda, il giapponese che continuò a combattere per 29 anni nella giungla ignorando che la guerra mondiale era finita, è morto a 91 anni qualche giorno fa. Lo accompagnano nella tomba una fama sospesa tra ammirazione e ironia e la consapevolezza di avere in Italia i suoi eredi. Intenzionati a combattere infrattati nella giungla della sinistra nostrana malgrado la pace siglata tra Pd e Fi nel sabato appena trascorso.
Sono gli irriducibili. Quelli che Berlusconi può essere solo un nemico, alla faccia del Paese. Quello che ha gli occhi più a mandorla di tutti è Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia autoesodatosi proprio per una battutaccia di Renzi («Fassina chi?»). È lui, l'uomo che progetta il correntone bersaniano all'interno del Pd, a usare le parole più pesanti: «Mi sono un po' vergognato - dice a Maria Latella su Sky - come dirigente del Pd nel vedere l'incontro Renzi con Berlusconi. È stato un errore politico. Andava certo coinvolta Fi ma ci sono i capigruppo e non andava certo rilegittimato il Cavaliere». Secondo l'ex viceministro il segretario del Pd «ha ribattezzato per la terza volta il Cav come Padre costituente a fronte di una condanna definitiva. O abbiamo sbagliato quando abbiamo votato per la decadenza mesi fa, e Renzi poteva dirlo allora, o ieri. Stiamo prolungando così il ventennio che abbiamo alle spalle». Quanto alla legge elettorale in questione, Fassina taglia corto: «È un Porcellum truccato. Ci sono le liste bloccate. Noi facciamo scegliere dai cittadini il segretario del Pd e poi non gli permettiamo di scegliere i parlamentari?».
Ma in realtà delle legge elettorale nella prima domenica di pacificazione ai nippodem non importa un bel niente. Lo dice forte e chiaro il presidente del Pd Gianni Cuperlo in un'intervista a Repubblica in cui si dice felice che qualcosa si muova sul terreno delle riforme «ma dio non voglia che il prezzo da pagare sia resuscitare sul piano politico chi abbiamo combattuto negli ultimi venti anni». Lo conferma allo stesso quotidiano il bersaniano Maurizio Martina, per cui «il Pd avrebbe dovuto cercare innanzitutto un'intesa all'interno della maggioranza». L'altro bersaniano Alfredo D'Attorre la mette in termini calcistici: «Berlusconi-Renzi 2-0, dato che il leader di Forza Italia ha incassato due punti: la rinuncia al doppio turno e la reintroduzione delle liste bloccate». E di «patto col diavolo» parla apertamente il leader di Sel Nichi Vendola in un'intervista al Qn: «A Renzi consiglierei di proteggersi il collo da un Berlusconi che ogni volta che ha abbracciato il suo avversario lo ha poi morso sul collo».
Ci sono poi i maître-à-penser, quelli che le mani con Berlusconi proprio non ci stanno a sporcarsele. Come il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, che lista a lutto la sua tradizionale predica domenicale sul quotidiano di largo Fochetti: il sindaco d'Italia avrebbe accordato a Berlusconi «la clemenza motu proprio» che il «Cavaliere aveva invano atteso da Napolitano e che il presidente si è sempre rifiutato di concedere per la semplice ragione che non può ignorare le sentenze definitive della magistratura». Il fastidio del canuto giornalista sprizza da ogni vetusto poro anche nell'intervista a In 1/2 Ora di Lucia Annunziata. La quale a sua volta si schiera apertamente tra i guerrieri della giungla confezionando una puntata a misura degli anti-«Renzusconi»: prima Scalfari e poi Alfano. Per non correre nessun rischio che qualcuno rompesse il clima di discordia con un dosaggio seppure omeopatico di buon senso. Del resto la stessa giornalista campana più volte usa il termine «sconcerto» riferendosi al patto alla spagnola.
E poi ci sono i centristi. Che di sinistra non sono ma soffrono la sindrome da isolamento, anche se vantano ancora quel pugno di voti capaci di fare la maggioranza al Senato.
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