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"Usciremo dalla crisi senza protezionismo"

RomaPrego, avanti il prossimo. Tanto non cambierà nulla. E anche l’ottavo numero uno del centrosinistra, come i suoi predecessori, farà i bagagli. Silvio Berlusconi attende un paio di giorni prima di affondare il colpo. Aspetta che Walter Veltroni spieghi le ragioni del suo abbandono, poi prende la mira. E in attesa di accogliere a pranzo, a Villa Madama, il primo ministro inglese, Gordon Brown, afferma: «Non mi preoccupa un’opposizione non strutturata». D’altronde, rintuzza il premier, «ormai è un’abitudine». Insomma, esperienza già vissuta. «Sono quindici anni che sono in politica e mi sono confrontato con sette leader diversi», fa notare il Cavaliere. E tutti accomunati dallo stesso destino: «Sono andati a casa». Adesso, alla guida del Pd, «arriverà l’ottavo» e «non credo vorrà tradire la regola».
La parentesi «interna» si chiude qui. La giornata, infatti, è scandita dal faccia a faccia con il collega inglese, per definire un’azione comune anti-crisi. Un colloquio - a cui partecipa pure il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti - che si pone l’obiettivo di coordinare i lavori tra G8 e G20 (il primo ha la presidenza italiana, il secondo quella britannica), in modo da introdurre nuove regole, condivise, nel mondo della finanza. Entrambi, intanto, concordano sulla necessità di non cedere al protezionismo, definito dal nostro premier «una trappola». E iniziative come il «buy american» lanciato negli Usa, o il sostegno di Parigi all’acquisto di componentistica francese, «sanno un po’ di protezionismo», anche se «non sono ancora misure che possono far male». Per affrontare la crisi, ribadisce il Cavaliere, è necessario «riscrivere le regole». Per adesso, spiega, «non ci sono ancora interventi da tutti condivisi». Detto questo, però, «bisogna agire in modo coordinato» e introdurre «trasparenza e onestà».
E l’Italia? «Se la sta cavando e uscirà dalla crisi meglio degli altri - ripete il Cavaliere - perché oltre a essere dotata di un governo ottimista e fiducioso ha un popolo di risparmiatori». Insomma, «soffriamo meno degli altri». La prova? «Pensate a un americano - rimarca - che non ha la cassa integrazione se perde il lavoro e normalmente non ha neppure un conto in banca. La gran parte degli italiani, invece, ha un conto attivo».
E a proposito di banche, Berlusconi ricorda come il nostro sistema sia solido, tanto che nessun istituto finora ha ricapitalizzato, nonostante il governo abbia messo «ingenti somme» a disposizione. Poi, nella conferenza stampa post-bilaterale, afferma: «Esistono diverse teorie e una è quella della nazionalizzazione delle banche. È solo un’ipotesi, avanzata da qualcuno, su cui ci stiamo esercitando». Un’ipotesi, però, che non toccherà il nostro sistema. «Era uno degli argomenti evocati durante il G8 finanziario», chiarirà nel pomeriggio alla Camera, «ma non riguarda certamente le banche italiane». Tuttavia Berlusconi ammette che «riceviamo diverse grida d’allarme dal Paese per quanto riguarda il credito e la remunerazione del capitale versato». Su questo punto «avremo la necessità di collaborare con Abi e Bankitalia» e «vogliamo dare risposte, affinché le aziende possano avere il supporto necessario».
Nel frattempo, Berlusconi non entra nello scontro a distanza tra il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, e la leader di Confindustria, Emma Marcegaglia. E così, a chi gli chiede se condivide le affermazioni dell’esponente del governo, convinto che ci siano dei corvi che soffiano sul pessimismo, il Cavaliere risponde: «Di corvi non so niente, mi interesso solo di farfalle e pesciolini».
Crisi economica a parte, a Villa Madama si discute anche di politica estera. «Le nostre opinioni collimano completamente», assicura il premier, e «l’Occidente deve fare la sua parte per favorire la realizzazione di un piano Marshall» in Medio Oriente. L’obiettivo, infatti, è incentivare «la crescita economica in Cisgiordania, dove dovremo favorire la costruzione di strutture aeroportuali e alberghiere». Sul versante Afghanistan, invece, Berlusconi ricorda che da parte dell’amministrazione americana «per il momento non è arrivata alcuna richiesta» di aumento dei militari italiani. Ma «qualora arrivassero ulteriori richieste, noi siamo comunque a disposizione».
Infine, una battuta sul caso Mills. «Non sono preoccupato - afferma a Montecitorio - perché in Appello la sentenza è sicura al 100%. Non voglio commentare, perché dovrei dire delle cose molto gravi.

È meglio di no».

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