A Roma direbbero «e nun ce vonno sta». Parliamo dei pm partenopei che stanno interrogando l’ex editore Valter Lavitola. E che, lo scorso 25 aprile, giorno della Liberazione, volevano far «liberare » l’indagato dal «peso» del suo ruolo nella vicenda della casa del cognato di Fini a Montecarlo. La premessa è nota: An ricevette un appartamento nel Principato in eredità da una contessa e anni dopo quell’immobile venne svenduto a una società offshore con sede a Saint Lucia, nei Caraibi. A procacciare l’affare (per l’acquirente) fu proprio l’inquilino Giancarlo Tulliani, fratello della compagna dell’ex presidente di An. A occuparsi della vicenda, in quell’estate, tutti i giorni, fu il Giornale nonostante costanti e patetici tentativi di evocare complotti ed eterodirezioni, tentativi che raggiunsero il culmine quando, a inchiesta ormai ultimata, arrivò proprio dai Caraibi una sorta di pistola fumante: una lettera del governo di Saint Lucia in cui si attribuiva a Tulliani la titolarità delle offshore. E Lavitola provò a sfruttare l’occasione pubblicando la nota lettera- mail governativa nel suo unico scoop su Fini.
Il teorema dei dossieraggi affascina i pm di Napoli. Che non resistono a incalzare Lavitola sull’affaire Montecarlo, cercando di fargli attribuire la paternità, anzi, l’input, della campagna stampa, giustificandola come un favore su commissione fatto a Berlusconi. «Che ruolo ha svolto e che contropartita ha avuto? ».L’ex editore replica: «Rispetto alla vicenda Fini (...) penso che non ci sia nessuna ipotesi di andare a verificare che abbiamo avuto pagamenti in epoche successive e, quindi, sicuramente no... ho puntato, per quanto riguarda Fini, sempre all’ennesimo obiettivo ». Obiettivo che poi sarebbe, considerata la scarsa stima di cui Lavitola godeva presso Letta e Ghedini, «che mi ritengono una specie di uomo nero», niente più che «una presenza politica, il contatto diretto con il Presidente Berlusconi ».Soldi?No,ribadisce Lavitola: «Rispetto a questa cosa di Fini, come ho detto più volte, la ricompensa non era materiale, l’obiettivo più che la ricompensa era quello di riuscire a ritagliarmi uno spazio politico all’interno del partito, io ho tentato col Parlamento, non ci sono riuscito, ho tentato con il Governo, non ci sono riuscito, volevo tentare di andare al partito e neanche ci sono riuscito, quella era la, diciamo così, la ricompensa di cui le parlavo». Tutto chiarito? Macché. I pm insistono. «Ma lei di che cosa fu incaricato a proposito della vicenda Fini, o che cosa fece, voglio dire, al fine sempre di perseguire l’obiettivo? ». Lavitola allarga le braccia: «Dottore, allora, le ripeto, ho capito che lei non mi crede... e la cosa non mi fa piacere, le dico la verità... Però io continuo a dirle la mia, non è che come dice che io parlo parlo e lei non mi crede». Niente da fare. I pm lo martellano: «L’input chi gliel’ha dato di fare questa cosa? L’input chi gliel’ha dato? L’input conoscitivo e l’input...». Valterino si spazientisce: «Allora, guardi, dottore, facciamo una cosa (...) usiamo il buon senso; c’era il quotidiano del fratello di Berlusconi, il Giornale , con fior fior di giornalisti investigativi che si occupavano del caso, lei vuole che se Berlusconi o qualcuno per conto di Berlusconi avesse scoperto a Santa Lucia quella pista l’avesse data a me? Ma noi stiamo scherzando?! Cioè il Giornale , ma lei si rende conto, io ancora oggi Sallusti, da come mi dice mia moglie,l’altra settimana, che in televisione ha parlato contro di me definendomi un imbroglione, eccetera, eccetera, io con Sallusti ancora...».
Il pm interviene, ricordando la definizione di Lavitola data dal direttore del Giornale , uno «zanza», ad Anno Zero. «Zanza, eh, io ancora non ho capito che significa (...) Comunque sicuramente non è una cosa buona, è una cosa alla Sallusti, io con Sallusti dopo questa storia ho avuto varie occasioni di liti anche telefoniche, l’ho anche cordialmente mandato a quel paese, per cui lui non me l’ha perdonata ». E ancora. «Le ripeto, se per caso Berlusconi o qualcuno dei suoi avesse avuto accesso ad una fonte del genere, stia tranquillo proprio, ma stia tranquillo al mille per cento che non me l’avrebbe commissionato a me». Ma il magistrato lo interrompe con un’ipotesi allusiva:«Era più logico commissionarlo a lei che al Giornale ». «E perché, scusi?» ribatte Lavitola. «Era meglio», taglia corto il pm. L’ex editore non è d’accordo, e lo dimostra. «No, ma guardi, che a lei forse sfugge che il giornale del fratello stava da un mese e mezzo su questa cosa tutti i giorni, eh, il giornale del fratello tutti i giorni da un mese e mezzo prima di me, da un mese prima di me titolava la casa di Fini...».
Finita? Ancora no, è il turno del dossieraggio in salsa deviata. Pm: «Ma stava nei suoi rapporti con i servizi, com’era...». Bum. Pure a Lavitola scappa da ridere: «Eh, sì, ‘007 operazione Fessacchiotto’... ». I pm non mollano: «Chi le ha dato l’input per questa operazione? ». Lavitola si mette l’anima in pace e spiega: «Gliel’ho detto, l’input me lo sono dato da solo per una situazione fortuita, ovviamente da giornalista tengo a tutelare le fonti, ma una persona mia amica della Costarica, leggendo sul giornale (...) mi ha detto: ciao, ma come mai, qual è questa cosa qui, qui ci stanno (...) sai chi è l’agente che ha tutti i contatti lì,eccetera? È tizio...
ho detto: va beh, in più lui ha detto: questo qua ha una fonte confidenziale con un mio amico (...) adesso mi riservo di darvi il nome...». Insomma, sembra finalmente che Valterino stia raccontando come ha avuto la dritta dell’e-mail di Saint Lucia ma curiosamente ai pm non interessa più. Chissà perché.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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