Un Vannacci mai sentito prima. Un Vannacci che all’annuale ritrovo dei lettori de Il Giornale ad Abano Terme inchioda alle sedie, per due ore e mezza, oltre duecento persone. Ma soprattutto un Roberto Vannacci, presentato da Stefano Passaquindici e incalzato da Fausto Biloslavo e dal sottoscritto, capace d’esibire doti di grande comunicatore. E così mescolando i ricordi dell’infanzia a quelli dei campi di battaglia il generale più discusso d’Italia ci fa capire perché un Mondo all’Incontrario sia il naturale epilogo di una vita controcorrente.
Un vita che inizia sui libri d’avventura e lo spinge a scegliere la divisa nonostante il veto di una famiglia già costretta a misurarsi con tre generazioni di militari. Ma Vannacci non s’accontenta d’una divisa qualunque. Quella tagliata per lui è solo quella da incursore del IX Battaglione Moschin. Con quella addosso e i gradi da tenente si ritrova nel maggio 1994 al comando di otto incursori scaricati sulla pista dell’aeroporto di Kigali con un incarico da far tremar le gambe. «Dovevamo riportare in patria i connazionali bloccati in un Rwanda dove le orde hutu sterminano a colpi di machete i nemici tutsi».
E, come spesso in guerra, la realtà è più dura di un film. «I colpi di mortaio e di mitragliatrice battevano la pista e io mi chiedevo se avrei riportato a casa la pelle» racconta Vannacci rievocando l’incontro con i colleghi francesi che caricano sugli aerei le bare dei compagni caduti negli scontri. Ma non è il battesimo del fuoco. L’anno prima Vannacci s’è fatto le ossa nella Somalia di «Check point pasta» e di Black Hawk Down.
È l’inizio di una vita in prima linea che lo porta a guidare le forze speciali in Afghanistan e al comando del contingente italiano in Iraq. Ma l’apice della soddisfazione è il comando del IX Reggimento Moschin. «È il momento di maggior appagamento perché lì ogni giorno mi confronto con le imprese di uomini impegnati ai quattro angoli del mondo, ma particolari e problematici come me». E così quando a 54 anni lo spediscono a comandare l’Istituto geografico militare la spinta di una vita ormai alle spalle si trasforma in voglia di misurarsi con un mondo dove le banalità del politicamente corretto stanno sommergendo valori e ideali.
«Volevo spiegare perché l’ambientalismo e le idee verdi non sono un manifesto per la natura, ma contro la natura.
Ma i miei articoli non li prendeva nessuno e così è nato «Il mondo al contrario». L’avevo scritto per gli amici, ma grazie a due giornalisti di Repubblica e del Corriere della Sera decisi a stroncarmi ha venduto 240mila copie». Un successo perfettamente legittimo «visto che l’ordinamento militare ripete Vannacci - ci consente di esprimere il nostro pensiero e di pubblicare libri a patto che non contengano argomenti di interesse militare o riservati». Tanto legittimo da spingere il generale a sfornarne un altro.
Un racconto che una piccola pattuglia di lettori de Il Giornale s’è gustata, in assoluta anteprima, già ieri sera.
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