"La vecchiaia è una malattia" Così Google sfida la morte

Il colosso del web riunisce in un'azienda i migliori scienziati del mondo. Obiettivo: trovare l'elisir di lunga vita

"La vecchiaia è una malattia" Così Google sfida la morte

Non ha nulla a che vedere con l'omonima città fantasma californiana, né con il pirata britannico Calico Jack. La California Life Company (da cui l'acronimo Calico) avrà, peraltro, un'immagine molto meno sinistra, se sarà possibile rispondere affermativamente alla domanda comparsa sulla copertina del Time: «Potrà Google sconfiggere la morte?». Domanda sensazionalistica, ma solo apparentemente, se si pensa che dietro si celano due figure dell'intellighenzia globale: Larry Page, co-fondatore e attuale ceo di Google, e Arthur Levinson, chairman ed ex-ceo di Genentech, società di biotecnologia specializzata in studi sul Dna ricombinante, e membro del Consiglio di amministrazione di Apple.

Calico intende raggruppare le migliori menti internazionali impiegate nel campo della biologia molecolare, della fisiologia umana, della gerontologia, per far luce su tutti i meccanismi che determinano l'invecchiamento, e quindi la morte. Attraverso il loro lavoro congiunto, sostenuto, prevedibilmente, da budget di tutto riguardo, si spera, entro una decina d'anni, massimo una ventina, d'individuare un «elisir di lunga vita», che possa di fatto annullare gli effetti della vecchiaia, trasformandoci tutti in rispettabili Highlander.

Come? È ancora da vedere, ma si sa da dove partire, ad esempio dalle tartarughe, dalla specie Emydoidea blandingii, le cui femmine a 80 anni suonati depongono ancora le uova, senza mostrare alcun cedimento «strutturale». Non sono gli unici animali dotati di simili prerogative. Anche fra pesci e anfibi ci sono specie che sembrano non conoscere l'invecchiamento. E lo stesso accade con le meduse, tipo la Tuttitopsis dohrnii che, dopo la fase riproduttiva, anziché morire, scivola in fondo al mare ritornando allo stadio iniziale di polipo (un po' come se una farfalla, prima di spiccare l'ultimo volo, si ritrasformasse in bruco).

I topi non sono così longevi, ma è grazie ai test su questi roditori che è stato possibile valutare l'opportunità di modificare un solo gene per allungare la loro vita del 65 per cento. Lo conferma Cynthia Kenyon, luminare della University of California di San Francisco; i Caenorhabditis elegans vivono in media due o tre settimane, ma alterando la loro genetica è possibile farli andare avanti per sei settimane. Non a caso la Kenyon è anche a capo della Elixir Pharmaceuticals, azienda che mira a «estendere durata e qualità della vita umana».

Per l'uomo è tutto più complicato: siamo una specie complessa, è inverosimile pensare che possa esistere una banale interruttore molecolare che - «pigiando» off - annulli gli effetti della senescenza. C'è chi è convinto che non si arriverà da nessuna parte, come Leonard Hayflick, gigante della gerontologia mondiale, secondo cui «nessun intervento rallenterà, arresterà, o invertirà il processo di invecchiamento negli esseri umani». Hayflick sostiene che gli studi della scienziata non spiegano la possibilità di annullare la vecchiaia, ma solo il rafforzamento fisico di determinate specie, prerogativa essenziale per difendersi dalle malattie e campare più a lungo.

Google, evidentemente, non vuol farsi condizionare e va per la sua strada: «Con una speranza di vita più lunga, pensando in grande riguardo a salute e biotecnologia», dice Page, «credo che possiamo migliorare milioni di vite».

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