Vendola ed ex dc alleati per finta

Un’altra fallimentare ammucchiata rossa acuirebbe il disgusto degli elettori

Vendola ed ex dc alleati per finta

Nel Pdl le idee sono confuse forse perché è confusa la realtà, come dimostra anche l’andamento dei mercati. Mentre nello schiera­mento di sinistra si è persa la sinderesi, e nes­suno sa più dov’è né dove andare. Basti pensa­re che il Pd ha bussato perfino alla porta di Pier­ferdinando Casini, il quale l’ha subito aperta accogliendo Pierluigi Bersani e le sue propo­ste di alleanza per le prossime elezioni politi­che. Sia l’ex presidente della Camera sia il se­gretario democratico, travolti dalla passione, non hanno riflettuto a cosa vanno incontro. Il primo, democristiano da sempre, ha un patri­monio di voti circa del 5 per cento,al massimo 6,che rischierebbe di di­mezzarsi qu­alora l’Udc si presentasse agli elet­tori al guinzaglio dei progressisti, tra cui il Sel e l’Idv.

Passare da una sponda all’altra non è vie­tato neppure a Casini, ma farlo mettendo a re­pentaglio la consistenza, già minima, del parti­to è da irresponsabili. Da notare poi che ie­ri, intervistato dal Corriere della Sera , Nichi Vendola ha dichiarato di non avere alcu­na intenzio­ne di aderire al gruppo­ne insie­me­coi ca­siniani. In ef­fetti, non si capisce cosa ab­bia­no in co­mune i demo­cristiani e i vendoliani. Ci si domanda perché Bersani, già insidiato da Matteo Renzi, si sia buttato in una simile iniziativa. Istigato da Massimo D’Alema? Può darsi.

Ma è strano che questi non abbia valutato che una coa­bitazione tra Pd, Udc, Sel e Idv porterebbe a una rissa generale, e qualcuno si rompereb­be le ossa ancor prima di cominciare a go­vernare. I precedenti non mancano. Chie­dere a Romano Prodi se si trovò bene nelle due circostanze in cui, da premier, fu al ver­tice di caravanserragli pomposamente defi­niti maggioranze.

Ripetere per la terza volta lo stesso errore sarebbe diabolico. Tanto più che in questo periodo i partiti- tutti- sono in crisi e non go­dono della fiducia dei cittadini, come si evince dai sondaggi di qualsiasi tipo. Propi­nare agli elettori la solita fallimentare am­mucchiata contribuirebbe ad acuire il di­sgusto popolare per la politica. Ma quan­d’anche, per assurdo, la formula dovesse funzionare e far vincere chi è in procinto di riesumarla, dopo qualche mese rivelereb­be la propria inadeguatezza a reggere una legislatura. E allora perché insistere nel­l’adottarla se c’è la consapevolezza storica che non va? Casini probabilmente si illude di coopta­re Mario Monti trasformandolo in spec­chietto per le allodole. Ma se questa è la tatti­ca che sta elaborando, egli non andrà lonta­no con la sua creatura, né può sperare che Luca Cordero di Montezemolo si presti a fargli da ruota di scorta.

E che dire di Gian­franco Fini? Ve lo immaginate il segretario del congelato Msi, il presidente della fusa Alleanza nazionale, ex numero due del Pdl in lista con comunisti e postcomunisti? Sa­rebbe un disastro personale. L’unica salvez­za per lui è un posto in Europa, un incarico nella Commissione. Se lo faccia dare. Gli sconsigliamo di partecipare a competizio­ni elettorali di ogni genere. Diverso il discorso per Francesco Rutelli: se il leader dell’Api resiste ai pasticci di Lu­si, avrà modo di riciclarsi ancora.

Ma atten­zione, i giochetti della vecchia politica ap­pena evocati sono destinati a finire

presto tra i rifiuti. Questione di alcuni anni, forse meno. L’aria è cambiata. A proposito, che ne sarà del Pdl? Affronteremo anche que­sto tema. Per ora diciamo che non sta peg­gio degli avversari. Ma neppure molto me­glio.

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