Nichi Vendola è tra i fondatori dell'Arcigay, e dunque il suo impegno per i diritti degli omosessuali è fuori discussione: è stato tra i primi a porre la questione all'interno del Pci, in anni in cui il Bottegone rivaleggiava in moralismo con San Pietro. Ma nel suo ritorno di fiamma alle battaglie di un tempo c'è qualcosa di sospetto. Eravamo infatti abituati ad un Vendola assorbito dai doveri istituzionali di governatore della Puglia, e ce lo ritroviamo che inscena un gay pride al giorno. Eravamo abituati a un Vendola paladino inflessibile degli operai e degli stranieri, e ce lo ritroviamo ansioso di sposarsi e fare un figlio. Che cosa è successo?
L'ultima volta che Nichi Vendola s'è occupato concretamente di diritti degli omosessuali è stato nel lontano 2006, all'indomani della sua elezione a governatore, quando promosse una legge regionale che equiparava alcuni diritti a tutte le coppie di fatto. Da allora, il silenzio. Vendola ha fatto di tutto - l'uomo di governo, il capopartito, il poeta, la madonna pellegrina e persino l'attore - ma di gay e lesbiche non si è più occupato. Poi, d'improvviso, con l'avvicinarsi delle elezioni e, soprattutto, con la firma dell'alleanza con il Pd, l'agenda di Vendola è improvvisamente cambiata. Alla festa del Pd di Reggio Emilia, nelle scorse settimane, aveva annunciato di volersi sposare con il suo compagno, invitando il Pd a «scelte coraggiose». E ieri, intervistato da Pubblico, ha annunciato di desiderare un figlio («farei il padre forse meglio di come ho fatto il politico») e si è detto convinto che «la società italiana è matura per i matrimoni e per le adozioni omosessuali».
L'accento sulle adozioni non è casuale, e dimostra tutta la strumentalità della presa di posizione, utile più a staccare Casini da Bersani che a conquistare un risultato concreto: se infatti il leader dell'Udc si è detto favorevole a una qualche forma di regolamentazione delle unioni civili, il tema dell'adozione sembra scelto apposta per allargare il fossato. Se a questo si aggiunge l'inaugurazione in pompa magna a Milano del «Registro comunale delle unioni civili», fortemente voluto dal sindaco di Sel Pisapia (nella foto), il sospetto diventa una quasi certezza: Vendola utilizza la pedina dei diritti civili e dei temi eticamente sensibili per giocare una sua spregiudicata partita nel centrosinistra.
Com'è noto, una buona parte di Sinistra e libertà, compreso l'antico guru Bertinotti, è contraria all'alleanza con il Pd e vorrebbe che Vendola guidasse la gioiosa macchina da guerra che la scorsa settimana ha presentato in Cassazione la richiesta di un referendum contro la riforma dell'art. 18. Vendola però, educato alla scuola comunista del «voto utile», è convinto di prendere più voti se si allea con il Pd, a patto naturalmente di esserne senza possibilità di equivoco l'ala sinistra. Da qui l'insistenza nel marcare ogni volta la propria identità, e cioè la propria diversità dal Pd di Bersani (per non parlare di Renzi, naturalmente).
Spingendo l'acceleratore sui diritti degli omosessuali, Vendola gioca dunque una doppia partita: da un lato, aumenta la tensione con Bersani e rende sempre più aspra la strada dell'accordo con Casini, guadagnandone in cambio la patente di coerenza rivoluzionaria da esibire ai militanti. Dall'altro lato, però, i diritti civili sono anche un ottimo diversivo. Se infatti l'alleanza con Bersani ha un futuro, questo passa necessariamente per un qualche accordo di fondo sull'«agenda Monti», pena un'emarginazione europea che il Pd non può tollerare. Dovendo dunque, prima o poi, ingoiare il rospo del governo Monti, quantomeno come fatto compiuto e non più revocabile, Vendola spariglia e si butta a sinistra abbracciando un tema completamente diverso: quello, appunto, dei diritti civili. Per Bersani, i guai sono appena cominciati.
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di Fabrizio Rondolino
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