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La vera pena per Corona: diventare l'uomo invisibile

È atterrato alla Malpensa ed è subito stato portato nel carcere di Busto Arsizio. Ma giornalisti, fan e curiosi non hanno potuto "godersi" la sua triste passerella

La vera pena per Corona: diventare l'uomo invisibile

Malpensa - Cala il sipario sull'ultima recita del «bel Fabrì», ma di colpo, quasi cadesse in testa all'attore ancora in scena durante il monologo finale. Corona infatti, estradato dal Portogallo, atterra a Malpensa, viene prelevato dalla polizia sulla scaletta dell'aereo quindi infilato in macchina e fatto uscire attraverso un varco anonimo. Direzione casa circondariale di Busto Arsizio, dove inizierà una detenzione che potrebbe arrivare anche a 12 anni. Dunque niente applausi, foto, autografi, un «Dai resisti», un «Sei bellissimo», nonostante qualche «ultras» l'avesse atteso sia all'aeroporto sia fuori dal carcere. Insomma nessun pubblico davanti cui esibirsi per proclamare la propria innocenza, lanciare strali alla magistratura, minacciare di querele chiunque dica che ha pianto al momento dell'arresto e che lui è un criminale. I suoi fan dovranno attendere il video girato per Sky prima di lasciare Lisbona dove spiega come, riferendosi ai fotoricatti che hanno portato alle condanne, «fosse convinto di agire nel lecito». Poi un saluto al figlio che quando sarà grande capirà cosa ha costruito il padre.

Corona oscurato dunque, dopo anni di iper esposizione mediatica. Il suo sbarco in Italia avviene al riparo di occhi e obbiettivi indiscreti. Il volo atteso da Lisbona per le 17.15, prende terra a Malpensa con quattro minuti di anticipo. Il jet è atteso dal pullman che porterà i passeggeri al terminal ma anche da alcune auto della polizia. Scendono i passeggeri, la cabina si svuota e finalmente tocca a lui, jeans, maglietta bianca, giubbotto di pelle, sacca a tracolla. La polizia di frontiera lo prende in consegna e il paparazzo dei vip scompare nel grande ventre dell'aeroporto. Alla sala arrivi si forma un gruppetto di 20/30 persone davanti alla sala dove è raccolta in attesa la stampa, convinti che Corona passi di là. Partono i cori, che il protagonista non potrà però udire: «È una vergogna, lui non ha fatto niente di male, in galera dovrebbero andarci i parlamentari e ministri». Massì, un po' di sana antipolitica non fa mai male.

Passa mezz'oretta e si sparge la notizia che Corona stia già lasciando la scalo. Tutti si spostano verso il varco quattro, giusto in mezzo ai due terminal, ma giornalisti, fotografi e cameraman fanno appena in tempo a vedere un piccolo convoglio formato da auto della polizia davanti e dietro un grosso Chrysler nero con i vetri oscurati, sui sedili posteriori Corona a testa bassa. Non deve fare molta strada, appena 16 chilometri lo separano dal carcere di Busto, temporanea dimora di tutti i latitanti al rientro dall'estero. Anche qui una piccola folla, anche qui delusa perché non vedono nulla.

Inizia la detenzione, finora fissata in 7 anni e 10 mesi che potrebbero però salire a 11 e 8 mesi se la Cassazione confermasse la condanna in Appello per bancarotta fraudolenta. Evento che terrorizza Corona: «Temo per la mia vita» ha detto da Lisbona. Cosa intendesse non è chiaro neppure al suo avvocato Nadia Alecci: «Se lo dice avrà le sue buone ragioni.

Quando rientrerà ci farà sapere il motivo di quella frase» ha chiosato ieri in Tribunale durante una pausa del processo Mediaset.

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