Il Csm spedisce Ingroia in castigo ad Aosta

Il leader di Rivoluzione civile vuole scendere in piazza con "Micromega"

Il Csm spedisce Ingroia in castigo ad Aosta

C'è un giudice ad Aosta. Dai segreti luoghi della trattativa Stato-Mafia alle montagne innevate dell'omicidio di Cogne. Dal caldo Guatemala alle gelide Alpi. O per dirla sarcasticamente con un membro del Csm, «il collega passa dall'infradito della spiaggia di Mondello agli scarponi per le sciate sul Gran Paradiso». Fioccano le prese in giro sul fine corsa del magistrato più televisivo, quanto poco votato, del Paese. E proprio sulla scia degli sganassoni elettorali incassati, l'ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, rimasto senza lavoro dopo l'aspettativa elettorale e il tonfo alle urne, adesso ha una scelta obbligata per continuare a fare il magistrato: andare a faticare ad Aosta. Non più come pm, tra l'altro. Ma come giudice. Almeno questa è la proposta che la terza commissione del Csm avanzerà al plenum in quanto il previsto ritorno in servizio con le nuove funzioni giudicanti può avvenire «nell'unica sede d'Italia nella quale non è stato candidato». E qui, a un passo dal confine, di manifesti di Rivoluzione civile col faccione barbuto del candidato non se n'erano visti. Come fa notare una nota in burocratese di Palazzo dei Marescialli «la decisione è stata presa nel rispetto del divieto previsto dall'articolo 8 del Dpr 30 marzo 1957 n°361» che prevede che i magistrati candidati e non eletti «non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni nella circoscrizione nel cui ambito si sono svolte le elezioni».

Di tornare a Palermo, insomma, se ne parla dopo il 2018, quando, se vorrà, Ingroia potrà anche tornare a far parte della magistratura inquirente. Il «giudice Ingroia» finisce al confino ad Aosta spedito dalla sua stessa ambizione mal ripagata dagli elettori («Ha sbagliato a candidarsi», dice Marcello Dell'Utri). Guai a tirare in ballo complotti e poteri forti nella decisione del palazzo di piazza Indipendenza, come fece l'ex pm Luigi De Magistris. Ingroia poteva indicare al Csm le sedi di gradimento dove essere assegnato, non l'ha fatto perché sapeva che non c'erano alternative alla procura valligiana, così ci ha pensato il Csm. Incompatibile in 19 regioni su venti (compresa la Sicilia dove ha scelto di candidarsi pur se ineleggibile), un ricordo lontano il «fuori ruolo» per l'incarico Onu in Guatemala interrotto anzitempo, a Ingroia non resta che reinventarsi giudice d'alpeggio. Nel frattempo, giusto per giocare ancora al leader politico e al magistrato impegnato contro il Cav, Ingroia ha annunciato l'adesione sua e di ciò che resta di Rivoluzione civile alla contro-manifestazione voluta da Micromega in programma domani a piazza Santi Apostoli per contestare il raduno Pdl in piazza del Popolo a Roma. Per Ingroia l'iniziativa è «di disprezzo per la democrazia e di odio contro la magistratura».

La sua, ovviamente, no. Il nobile intento del futuro giudice super partes è ottenere l'ineleggibilità per legge di Berlusconi. Non male detto da un ineletto per scelta popolare. La domanda adesso è: accetterà o no? Se dirà sì dovrà smetterla con l'attività politica, almeno esplicita. Se dirà no, potrà sperare in un rapido ritorno alle urne, sperando di arrivare comunque in vetta, ma non in senso letterale.
Mentre Ingroia medita sul futuro, anche il suo ex «gemello» nell'inchiesta sulla trattativa Nino Di Matteo finisce nel mirino del Csm.

Il pg della Cassazione, titolare dell'azione disciplinare col Guardasigilli, gli contesta la violazione dei «doveri di diligenza e di riserbo» e la lesione del diritto alla riservatezza di Napolitano per aver confermato, intervistato da Repubblica, l'esistenza delle telefonate tra il capo dello Stato e Nicola Mancino.

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