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Vergogna, i marò ancora prigionieri in India

I due soldati italiani sono detenuti ingiustamente da sei mesi. E il governo Monti si è scordato di loro. E' ora di riportarli a casa

Vergogna, i marò ancora prigionieri in India

Non fanno più notizia. Anzi, sembra quasi che sentirne parlare provochi fastidio. Ma noi ce ne infischiamo e non smetteremo mai di ricordare che i nostri due marò sono ancora prigionieri in India. Dimenticati da più di sei mesi. Dal nostro governo e dai media.
Ieri si è consumato l'ennesimo capitolo di questa farsa, fatta da un processo interminabile, da rinvii, ricorsi e sospensioni, da arresti e scarcerazioni su cauzione. Ma per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone il futuro è ancora avvolto nell'incertezza. La Corte suprema indiana ha cominciato a esaminare, con la dovuta calma, il ricorso dell'Italia per invalidare il processo avviato contro i marò nello Stato del Kerala. Naturalmente l'udienza è stata aggiornata per l'ennesima volta.

Ma quando sarà scritta la parola fine? Nessuno lo sa. Tantomeno il nostro governo, la cui azione per liberarli non è stata né efficace né rapida. Eppure, quando si tratta di far tornare a casa turisti spericolati, viaggiatori a caccia di avventure o volontari che sognano l'immunità, a Roma scattano come molle. Proclami, inviati, mediatori e, spesso, anche cospicui riscatti per ottenere la liberazione dei connazionali rapiti dalla guerriglia di turno. Anche se nessuno dei malcapitati agiva per conto del governo, e per di più in una missione internazionale. Nel caso dei fanti del Reggimento San Marco invece è meglio il silenzio, o quasi.

Ogni tanto, costretti dalle circostanze, i nostri ministri sussurrano qualche frase ipocrita, come ha fatto il responsabile degli Esteri Giulio Terzi: «Il dossier è molto difficile ma riporteremo i nostri ragazzi a casa... Il governo segue la questione con la massima attenzione...». Che vergogna, come se nessuno sapesse chi ha dato l'ordine di consegnare alla polizia indiana i nostri due ragazzi, soldati in missione per conto del governo e dell'Onu, in acque internazionali e su una nave italiana.
Abbiamo ingoiato rospi indigeribili, dagli sgarbi diplomatici alle forzature dell'inchiesta giudiziaria, ma resta un fatto: da quel maledetto 19 febbraio la questione s'è complicata invece di avviarsi a una soluzione. Il nostro giornale ne ha fatto una battaglia attirandosi anche la malcelata insofferenza del governo Monti, secondo il quale l'eccessiva risonanza mediatica avrebbe peggiorato la situazione e infastidito le autorità indiane.

Come se fosse scorretto o addirittura scandaloso difendere i diritti di due nostri soldati ingiustamente detenuti. Ma sono impazziti? La smettano con la realpolitik farlocca, quella che dovrebbe ottenere risultati senza clamore, quella che ti fa raggiungere obiettivi facendo la gimcana o brigando sottobanco. O strisciando, come ormai siamo abituati a fare. Qui non si tratta solo della libertà di due militari italiani e della serenità di due famiglie, ma parliamo della dignità del nostro Paese.
A prendere schiaffi siamo avvezzi, però ogni tanto ci piacerebbe restituirne qualcuno. Niente da fare. Forse è per questo che l'Italia appare isolata. La Nato si è chiamata fuori, la diplomazia europea ha inizialmente abbozzato un interessamento, ma poi si è defilata. Ma come, il governo Monti non godeva di tanto favore e tanto credito internazionale? Ci spieghino, per favore, qual è la verità: Monti non intende spendere credito né favore per i nostri soldati prigionieri in India oppure quel credito e quel favore sono una balla che ci raccontano da dieci mesi? In ogni caso è ora che i professori rompano gli indugi e tornino a occuparsi con maggiore impegno della sorte di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Un governo che chiede ai suoi soldati di rischiare la vita lontano da casa, poi non può dimenticarsi di loro, come se fossero cittadini di serie B. Sarebbe un'infamia.

Per questo noi non li dimentichiamo, ma ci mobilitiamo per riportarli a casa.

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