Il vero volto di Ingroia: chiede subito la testa di Di Pietro e Diliberto

Il leader del partito delle manette liquida gli alleati: «Fate un passo indietro». E strizza l'occhio ai grillini

Il vero volto di Ingroia: chiede subito la testa di Di Pietro e Diliberto

RomaDopo oltre un'ora di intervento, di «un seggio in sé e per sé non mi interessa proprio», di «ho rifiutato più di un'offerta anche nelle ultime ore», il giallo più prevedibile della politica pre-elettorale è risolto: «Posso rendermi disponibile a candidarmi per portare avanti questa battaglia in Parlamento», annuncia Antonio Ingroia di fronte a una generosa platea di supporter al teatro Capranica di Roma.

Tutti se lo aspettavano, effetto sorpresa zero. Ma non tutti immaginavano le prime conseguenze del comizio inaugurale del procuratore aggiunto in aspettativa di Palermo. In quella platea ci sono anche Luigi de Magistris, Leoluca Orlando, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero, e soprattutto Antonio Di Pietro. Fermi in poltroncina, assistono inerti alla propria uscita di scena, quanto meno come protagonisti: «Credo che voi dobbiate fare un passo indietro - dice con un sorriso paralizzante il magistrato appena rientrato dal Guatemala -. Non sono un rappresentante dell'antipolitica e so che voi rappresentate la politica perbene, ma la società civile deve essere incoraggiata. Per lasciare spazio alla società civile un passetto indietro serve. È il momento dei cittadini». Tra una settimana tornerà nel Guatemala appena abbandonato, dove avrebbe un incarico dell'Onu che a questo punto sarà sacrificato alla campagna elettorale: «Io ci sto, ora aspetto voi», premette quindi ad arte Ingroia, ripetendo le parole slogan del suo nuovo manifesto in dieci punti («Io ci sto»). La risposta del pubblico è un coro di «Noi ci stiamo». E allora lui: «Ci metterò la faccia». Poi convoca a candidarsi Maurizio Landini della Fiom, don Luigi Ciotti, i giornalisti di Articolo 21, del Fatto, Michele Santoro. Li chiama a impegnarsi, ma «se vi candidate è meglio». Dice che la lotta è tutta contro «il berlusconismo e il montismo». E contro mafia e corrotti. Contro la «convivenza della politica con la mafia». È una «rivoluzione civile». Che il suo impegno è inevitabile perché «non si può assistere immoti al crollo del nostro Paese». E allora «dobbiamo provare a salvarlo».

Chiarisce che «non mi sottraggo a un confronto con il Movimento cinque stelle». E anche con Bersani e il Pd «bisogna confrontarsi, bisogna parlare»: Pensa in grande: «Noi stiamo costruendo un nuovo polo, che non e né terzo né quarto, perché non siamo secondi a nessuno. Noi già ci siamo e oggigiorno siamo più grandi». Tutti insieme: di Grillo cita alcune sua battaglie, come quella dei «no Tav». E dunque: Di Pietro, magistrati in politica, Arancioni, Grillo, Fiom, Rifondazione, Verdi, Pdci. I rottamati per ora non fanno una piega. Di Pietro ricorda come l'Idv, esempio di altruismo politico, sta aiutando il Movimento cinque stelle «nella raccolta delle firme» in nome «della democrazia». Diliberto definisce l'intervento al teatro «un discorso alto». A sipario chiuso, Ingroia precisa piccato: «Smentisco totalmente questa interpretazione, non c'è nessuna rottamazione di Di Pietro».

Ma il fondatore dell'Italia dei valori sa bene che simbolo e leadership sono perduti. Il polo in costruzione «non è un accozzaglia», chiarisce il nuovo pm star. Per questo cadranno i simboli e cadranno i leader. Obbiettivo per tutti: sopravvivenza.

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