Mettiamo subito le cose in chiaro: se nella caserma di Bolzaneto ci sono state violenze e abusi (e ci sono stati, senza dubbio) da parte di poliziotti e agenti di polizia penitenziaria, vanno puniti severamente, secondo la legge. Anche perché disonorano la divisa di chi le ha commesse. Ma, per lappunto, a Genova sono in corso appositi processi per accertare che cosa davvero sia successo in quei giorni di luglio del 2001, sia a Bolzaneto sia alla scuola Diaz.
Il problema è che, da una settimana a questa parte, sembra di essere tornati indietro di anni. E la ricostruzione delle testimonianze delle vittime di Bolzaneto, trasformata da Repubblica in (legittima, per carità) campagna giornalistica, sembra diventato il problema principale della politica italiana. La Sinistra Arcobaleno, che peraltro lha sempre fatto, è tornata a chiedere a gran voce listituzione di una commissione parlamentare di inchiesta per le «torture» di Bolzaneto; il Pd si è accodato, seppur con la consueta sfumatura di posizioni che tenta di tener dentro tutto e con il sospetto e forse qualcosa in più di un sospetto che cavalchi tutta questa storia per motivi elettorali; il ministro dellInterno (il ministro dellInterno!) Giuliano Amato, pur bocciando la commissione, si lascia andare - in unintervista a Repubblica di ieri - a un parallelo, come dire?, un po forte: «Si è strillato molto più per Guantanamo che per Genova».
Insomma, da qualche giorno a questa parte è come se la macchina del tempo della politica fosse tornata indietro di sette anni e basta digitare sui computer la parola «Bolzaneto» - che, per la cronaca, è una delegazione di Genova - per trovare centinaia di dichiarazioni e controdichiarazioni politiche. Ieri sera, il fixing delle agenzie di stampa dellultima settimana dedicate a Bolzaneto era di 197 (centonovantasette), ma neppure una di queste era relativa ai problemi del quartiere della Valpolcevera, né al mercato ortofrutticolo, che pure ha sede lì.
Cè un punto, in particolare. A strepitare per la commissione sono soprattutto coloro che, normalmente, urlano appena si tocca un giudice, in nome del rispetto per la magistratura. Ma proprio la commissione interferisce con i tre processi in corso a Genova sul G8: uno è proprio su Bolzaneto, uno è sulla Diaz e uno è per gli scontri di piazza da parte dei no-global del black-bloc, che si è concluso con la condanna di ventiquattro di loro per devastazione e saccheggio.
E credo che proprio questo processo sia la migliore fotografia di quello che è successo a Genova in quel luglio 2001. Che non è stato solo Diaz, non è stato solo Bolzaneto, ma è stata soprattutto una città sistematicamente devastata da una frangia violenta di manifestanti, con la complicità, quantomeno verbale, di una parte del movimento. Movimento che poi, dopo Genova, è entrato addirittura in Parlamento e nelle istituzioni ed ha sostenuto il governo Prodi.
Il processo ai no-global, a tratti, è stato sconvolgente. Con le testimonianze di cittadini genovesi perbene - molti anziani, molti anche di sinistra e impegnati nel sindacato - che raccontavano ancora con le lacrime agli occhi la rabbia e la paura nel vedere sistematicamente distrutta la propria città.
E le motivazioni della sentenza sono un fermo immagine sui fatti. A partire dalle «perplessità e sconcerto» per «il tono, volutamente sopra le righe e per la violenza verbale contenuta nei messaggi» delle Tute Bianche, i moderati della piazza. Fino alle motivazioni della condanna della frangia più violenta dei manifestanti: «Quando gli incendi avevano minacciato la sicurezza dei palazzi e degli abitanti della zona, era stato necessario compiere la carica per ripristinare la sicurezza e lordine pubblico. Questo è stato turbato non dalle manovre della Polizia, ma dalle condotte dei manifestanti violenti».
Ecco, basterebbe questo, magari abbinato a un video di quei giorni.
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