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Vi spiego perché gli italiani se ne infischiano dell'Egitto

Un conflitto che non capiamo, in cui è impossibile distinguere buoni e cattivi. E per noi è rimasto il Paese delle vacanze felici

Vi spiego perché gli italiani se ne infischiano dell'Egitto

Già ieri, in un articolo che parlava d'altro, ho accennato al presunto disinteresse degli italiani spiaggiati per le sanguinose lotte egiziane finalizzate alla conquista del potere.

Oggi ribadisco il concetto: se la polizia locale spara e uccide i Fratelli musulmani in piazza, molti di noi magari si impressionano perché i morti ammazzati non sono uno spettacolo edificante. Ovvio. Ma la partecipazione ai lutti è relativa per non dire inesistente. Mancanza di sensibilità e di pietà? Nossignori. Il problema è che non comprendiamo nulla di ciò che succede laggiù, tant'è vero che parecchi connazionali, attratti dalle bellezze a buon mercato del Mar Rosso, continuano a recarsi da quelle parti indifferenti (e disinformati) alla guerra civile che infuria nei paraggi.

Non siamo cinici: semplicemente incapaci di capire i motivi a causa dei quali i cittadini del Cairo, che per anni erano stati tranquilli e incrementavano i loro business al punto da essere diventati tra i più ricchi del Nord Africa, all'improvviso abbiano dato il via a un conflitto senza tregue. Dove intendono arrivare? Ai tempi (recenti) di Mubarak, l'Egitto, pur con i propri drammi secolari, aveva trovato un buon equilibrio e i risultati sul piano dell'armonia politica e sociale erano giudicati eccellenti in Occidente.

Nessuno presagiva il tracollo e gli scontri in atto. Cosicché, quando ci giunse notizia che la primavera araba si era iniziata, ne fummo addirittura felici. Pensammo: sta' a vedere che anche questi Paesi trasformeranno le loro democrazie rudimentali in regimi pseudoliberali. Illusione tipica di chi ha scarsa dimestichezza col mondo islamizzato.

Esattamente come è accaduto in Libia e in Siria, anche in Egitto il nuovo si è viceversa rivelato ben presto più cattivo del vecchio. Altro che primavera. Ingenuamente ne siamo rimasti sorpresi, ma dovevamo aspettarci che le cose sarebbero andate di male in peggio. Invece l'esperienza libica non ci ha insegnato nulla. Gheddafi sarà anche stato un dittatore spietato e spregevole, però al confronto dei suoi successori era uno statista illuminato. Lo si è constatato da come egli è stato trucidato e dalle condizioni in cui ora, senza di lui, è ridotto il Paese.

Dalla padella alla brace, il salto è stato breve. Uno stravolgimento negativo cui perfino noi abbiamo contribuito partecipando (malvolentieri) a una guerra infame che ha distrutto la Libia e avvantaggiato i francesi a scapito nostro. Abbiamo fatto harakiri per compiacere gli Stati Uniti, la Nato e tutti coloro che non vedevano di buon occhio l'amicizia (e i contratti) tra il nostro governo e quello libico. Abbiamo dato una mano a coloro i quali puntavano a impoverirci. Però, che affare.

Adesso la Libia è allo sfacelo e noi energeticamente allo sbando, per tacere del resto. Quanto all'Egitto, noi guardiamo e sbalordiamo, ma seguitiamo a ignorarne i problemi. Non abbiamo cognizione delle tribolazioni che angustiano gli egiziani, un popolo dilaniato da questioni religiose e politiche. In effetti il dramma di quelle genti è la commistione tra il fattore spirituale e quello ideale, praticamente indistinguibili l'uno dall'altro, soffocati da veli e palandrane. I musulmani litigano ferocemente tra loro, e litigano con i cristiani, figuriamoci con i laici, sparuta minoranza.

Le elezioni democratiche sono una fastidiosa formalità e non contano niente. Il colpo di Stato va per la maggiore. Vince chi picchia più duramente. Sparare sulla folla è un esercizio legittimato dallo scopo che si vuole raggiungere con le pallottole: ripristinare l'ordine pubblico. Quale ordine? Quello di Allah - etico - o quello dei militari?

Quando nelle faccende umane si mette di mezzo Dio, usato quale pretesto per fare valere le proprie ragioni (ammesso siano tali), trionfa il fanatismo, notoriamente cieco e bieco.

E allora in questo caos è impossibile schierarsi a favore dei belligeranti di una fazione o dell'altra. Nel dubbio, gli italiani - per dirla volgarmente - se ne fottono.

Mentre i giornali e le tv si affannano a raccontarci ciò che apprendono per sentito dire e a spiegarci ciò che non sanno.

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