Vorremmo durasse a lungo. Non vorremmo si stancasse troppo. È una presenza illuminante. Autentica. Colma di tenerezza e umanità. Perciò, necessita preservarlo. E per preservarlo, necessita farlo riposare. Dargli il tempo per ricaricarsi. Ieri ad Assisi l'abbiamo visto affaticato. Stanco. Anche dolente, forse non solo nell'animo.
La giornata era fitta di impegni. L'incontro con i ragazzi handicappati del Serafico, la messa in piazza, il dialogo con i giovani e tutto il resto. Un ritmo infernale, verrebbe da dire senza voler mancare di rispetto. Jorge Mario Bergoglio ha quasi 77 anni, li compirà il 17 dicembre, e un solo polmone. Dalla sera dell'Habemus Papam, il memorabile 13 marzo scorso, son trascorsi quasi sette mesi ma non si è fermato un giorno. Visite, trasferte, encicliche, riforme interne della Curia, nomine complicate, lettere e interviste a quotidiani e a Civiltà cattolica. Fortuna che ha subito provveduto a sfrondare il cerimoniale e può muoversi con maggiore agilità. Altrimenti.
Dopo la messa inaugurale del 19 marzo, la prima uscita pubblica dal territorio vaticano avviene il 23 marzo con la visita al suo predecessore, a Castel Gandolfo, il Papa Emerito Benedetto XVI. Un evento mondiale e irripetibile. Un paio di giorni e iniziano le celebrazioni della settimana santa, anche qui con una trasferta inedita (28 marzo) al carcere minorile di Casal del Marmo a Roma per la lavanda dei piedi ad alcuni detenuti. La Pasqua è passata da poco e il 13 aprile Bergoglio annuncia la formazione di un consiglio composto da otto cardinali, «il G8 del Papa», che dovrà aiutarlo nel governo della Chiesa universale. La riforma della Curia e dello Ior incombono, anche su pressione degli osservatori esterni. Snellisce i protocolli e le burocrazie, ma il 24 giugno nomina una commissione referente sull'Istituto per le Opere Religiose. Solo cinque giorni dopo (29 giugno) promulga la prima enciclica del suo pontificato, la Lumen fidei, che si avvale di una prima ampia stesura ad opera di papa Ratzinger. L'8 luglio inaugura i suoi viaggi apostolici recandosi a Lampedusa dove pochi giorni prima sono morti alcuni migranti aggrappati alle gabbie dei tonni. Come Caino, dice, anche noi dovremo rispondere alla domanda che Dio ci rivolge: «Dov'è tuo fratello?». Il 22 luglio parte per Rio de Janeiro dove fino al 29 si svolge la XXIII Giornata mondiale della Gioventù. All'inizio di settembre nomina monsignor Pietro Parolin nuovo segretario di Stato al posto del cardinale Tarcisio Bertone. Negli stessi giorni interviene per scongiurare un conflitto ormai imminente tra Siria e Stati Uniti. Il 7 settembre indice una giornata di digiuno e guida una veglia di preghiera per la pace in piazza San Pietro. Pochi giorni dopo (22 settembre) si reca in visita pastorale a Cagliari: «Non vengo qui a dirvi coraggio come un impiegato della Chiesa», dice alla folla di lavoratori e disoccupati radunata al porto. Infine, il 4 ottobre va ad Assisi a inginocchiarsi sulla tomba del Santo di cui ha scelto il nome. E invita la Chiesa a spogliarsi come Francesco della «mondanità spirituale» per non essere «cristiani da pasticceria».
Dopo le improvvise dimissioni di Benedetto XVI si sapeva che i fronti aperti del suo successore sarebbero stati molti e complessi. Così è stato.
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