Alfano vuole tenere unito il Pdl: "Vinciamo anche senza il Prof"

Il segretario alla manifestazione "Italia popolare" invoca la compattezza del partito I leader della corrente vicina al premier applaudono. Alemanno: "Svolta insieme"

Angelino Alfano alla riunione della nuova corrente "Italia Popolare"
Angelino Alfano alla riunione della nuova corrente "Italia Popolare"

Roma - Da riunione dei frondisti montiani a occasione per il rilancio del Pdl. A patto di tenerlo unito. Il tutto nella domenica delle primarie mancate, e senza la benedizione del nuovo «aggregatore», Monti, che almeno ieri non è arrivata. Ma con quelle di Berlusconi (manda un messaggio, accolto da qualche fischio e da molti applausi) e di Alfano (giunto in carne e ossa).
Dalla rottura alla sutura, nonostante non sia mancato qualche sintomo di mal di pancia anche tra il pubblico del teatro Olimpico, che ieri ha ospitato la manifestazione della «rete» di associazioni e fondazioni «Italia Popolare». La parola d'ordine è tornata a essere «unità», anche se i fermenti non sembrano spariti. Il primo a ricucire è Gianni Alemanno. Per lui «l'obiettivo è stare insieme», anche se c'è l'esigenza di una «svolta profonda», di un «rinnovamento» che riporti il centrodestra a rappresentare i moderati, quantificati nel «60 per cento del Paese», e che passa per la «partecipazione popolare», ma anche per lo «stop» agli «impresentabili tra le nostre fila». «Non siamo scissionisti né montiani», riassume Fabrizio Cicchitto, «ma vogliamo solo rinnovare il Pdl, permettere alla base di esprimersi, discutere e votare». Partecipazione e «contributi dei giovani» evocati anche da Barbara Saltamartini, mentre l'europarlamentare Roberta Angelilli invita a restar fuori dai «recinti per gli ex», a evitare «spacchettamenti di Fi e An». Per lei, semmai, il modello è il 1994, quando «eravamo come oggi», e da «un cumulo di macerie emerse un'alleanza popolare che sbaragliò la gioiosa macchina da guerra di Occhetto».
Sfilano in tanti, sul palco, da Quagliariello a Sacconi, da Urso alla Lorenzin, da Augello a Lupi, da Mantovano a Mauro (gli ultimi due presenti anche alla manifestazione di Crosetto e Meloni). C'è anche Giovanardi che rivendica i suoi otto anni al governo col Cav e spiega: «Faccio parte di un esercito il cui presidente è Berlusconi, e sono qui per salvare l'esercito». Ma per quello c'è anche Alfano. Che in prima fila ascolta Formigoni «rinnovargli» la fiducia, indicandolo dal palco come «leader che con coraggio ci guidi alla nuova fase» del Pdl, prima che il governatore dimissionario lanci la candidatura di Gabriele Albertini a suo successore in regione, dove il Carroccio, spiega, «non può chiedere di indicare il candidato presidente dopo aver tradito». Chiude il segretario, e ne ha per tutti. Per Alfano nel Pdl non ci sarà posto per chi ruba, chi è disonesto, chi vede la politica come arricchimento. Promette «liste degne», uomini «probi». Poi le stilettate. La prima pare diretta a Dell'Utri: «Se qualcuno vuol ripararsi dietro la persecuzione giudiziaria di Berlusconi per far ingoiare di tutto al Pdl, questa non è casa sua». Quanto a Monti, per Alfano, è Berlusconi che lo invita a «raccogliere le forze moderate, se ha la capacità di aggregarle». Ma lo scopo - e tocca a Casini - è battere la sinistra, «non impedirle di vincere bene per poi darle un aiutino».

E la Lega? «Non può imporci il candidato premier», ringhia Alfano, «decida con chi allearsi. Se è con noi, abbiamo già scelto». Cioè Monti. Forse. Perché se il professore «non si ritiene pronto, vinceremo con i nostri valori e la nostra forza».

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