«Vedo un notevole grado di schizofrenia in giro per il Pd: tre giorni fa tutti a dare addosso a Matteo Renzi, ora tutti a dire esattamente quello che ha detto lui». Matteo Orfini intravede una conversione a U, e chiede che a discuterne sia una Direzione. Perché «non si cambia linea con qualche intervista».
Le interviste cui si riferisce il «giovane turco» Orfini sono quelle che, da sabato, hanno dato il via all'operazione «contrordine compagni», aprendo all'intesa con Berlusconi. Ha iniziato Dario Franceschini - in realtà, dicono nel Pd, concordando l'intervista con Bersani perché serviva un anti-berlusconiano doc per iniziare a far passare nella base Pd l'idea che ora si deve diventare amici del Giaguaro. Poi è toccato al bersaniano Gotor, intervistato da L'Inkiesta, e ieri al capogruppo Speranza: il Cavaliere «è legittimato dai voti», quindi «il dialogo è fuori discussione» (nel senso che va fatto). Prima sul Quirinale, poi possono crearsi «le condizioni migliori per far nascere un governo». Che non dovrà essere un «governissimo con ministri Pd e Pdl», ma che dovrà contare su un appoggio del Pdl. Dietro la fumisteria delle formule (sabato Franceschini ha parlato di «governo di transizione») resta il problema di fondo: Bersani ha capito che non solo rischiava di restare totalmente isolato, sulla linea «governo coi grillini o voto», mentre uno dopo l'altro i big del Pd si schieravano a favore delle larghe intese; ma che rischiava soprattutto che quel governo col Pdl si facesse senza di lui. E quindi negli ultimi giorni ha scongelato la trattativa per un presidente «condiviso», abbandonando il suo candidato Prodi nel Sahel, e poi ha fatto il passo successivo. Con l'idea che forse sarà possibile, sbloccato il Colle, ottenere in aula quel gioco di astensioni e di sostegno di sottogruppi di centrodestra (come i famosi Gal del Senato) che gli potrebbe consentire di far partire un suo governo senza dire che ha chiesto i voti al Cavaliere. Acrobazia complicata che sta lasciando stordita la base del Pd, visto che «da 40 giorni il segretario Pd ripete mai con il Pdl e insegue i grillini, mentre era chiaro che l'unica via d'uscita era un governo di scopo sostenuto dai due maggiori partiti», fa notare Gentiloni.
Tutto però gira ancora attorno al nome del futuro capo dello Stato, che il Cavaliere dovrebbe approvare, e che deciderà a chi dare l'incarico. Lo sceglierà Bersani con Berlusconi o lo sceglierà qualcun'altro? Gli ex Ppi, si sa, puntano su Marini (e Franceschini punta ad entrare nel governo futuro); D'Alema su un bis di Napolitano (e in seconda battuta su sé medesimo) e potrebbe essere il garante di un governo con Grasso alla Giustizia e la presidenza del Senato al Pdl, «l'opzione migliore per Berlusconi», assicura un dirigente Pd. Sel punta sulla Boldrini, «candidata istituzionale, donna e in grado di prendere i voti dei grillini».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.