Interventi tv e imboscate in Aula così vuole sfiancare il Cavaliere

RomaAdesso scende in campo direttamente, Gianfranco Fini. Con una duplice strategia: difendersi dall’accusa di essere un traditore del Pdl e allo stesso tempo affossare Berlusconi. Ecco come. Fino a ieri Fini faceva finta di fare l’arbitro imparziale ma ogni due per tre fischiava contro. Ira per la bocciatura del Lodo Alfano? Fiuuu, fallo! Riforma della giustizia? Fiuuu, rigore! Federalismo? Fiuuu, ammonito! Processo breve? Fiuuu, espulso! Immigrazione e respingimenti? Fiuuu, simulazione! Rapporti con la Lega? Fiuuu, fuorigioco! Fino a ieri giacchetta nera di Montecitorio fischiava e ai buuu degli spalti rispondeva che lui, direttore di gara, non poteva toccar palla. Campagna elettorale? Non posso, io, super partes, non gioco. San Giovanni? Non posso, io, super partes, non gioco.
Continuerà ad arbitrare, Gianfranco. Continuerà a correre in mezzo al campo col fischietto in bocca, a minacciare cartellini gialli e rossi, a decretare punizioni e calci di rigore. A differenza di ieri, tuttavia, l’arbitro Fini calcerà la palla eccome e cercherà di segnare. Contro la propria (?) porta del Pdl.
Proverà a buttarla dentro già oggi, sul campo di In Mezz’Ora da Lucia Annunziata; tenterà di segnare martedì prossimo su quello di Ballarò da Floris. Da arbitro ma anche da bomber. In mezzo all’area perché, come già filtrato, se in televisione «i miei non ci possono andare, ci andrò io a parlare di politica...». Dirà la sua, si esporrà, spiegherà le sue ragioni e in video cercherà il rapporto diretto con gli italiani per guadagnare tifosi.
Sarà partes da super partes, con la maglietta nera in vista ma sulla pelle quella della squadra avversaria da mostrare sotto la curva in caso di gol. Arbitro, giocatore, ma anche allenatore dei suoi. Darà le direttive perché il Pdl perda, se è il caso giocando contro i compagni: «La nostra strategia è sfinirli, stancarli», ammetteva un anonimo finiano. Questo è il fine, entrando duro contro l’ala destra Umberto Bossi.
Già pronta la strategia: nessuno schema a zona ma marcatura stretta, uomo contro uomo, pressing asfissiante su più reti televisive possibili. In campo per davvero, in tv, a dire che lui traditore non è. È leale, fedele, fidato. Se necessario si attivino pure le moviole per la ribalta del piccolo schermo. Entrare nelle case degli italiani, accusare e difendersi, prenderle ma soprattutto darle. Dirà che lui e i suoi non sono contro il governo ma soltanto contro gli schemi di gioco del partito. Dirà che lui e i suoi non sono contro il Pdl, che resta squadra del cuore, ma contro la Lega. Sarà pronto al dribbling per svicolare dall’accusa di essere un voltagabbana. Cercherà il lancio lungo per dimostrare che il bomber Berlusconi non segnerà in eterno. Proverà a presentarsi come vittima del «sultano» Silvio, allergico al dissenso.
Userà le armi a lui più congeniali: la dialettica, il parlar bene, gli spazi stretti dell’arte oratoria e colpire magari personalmente Silvio. Falli da dietro, se occorrono. Berlusconi gli ha rinfacciato in pubblico di averlo minacciato di voler fare gruppi autonomi e di essere pentito di aver fondato il Pdl? Fini potrebbe ripescare aneddoti ed episodi nati in diciassette anni di rapporti non sempre idilliaci tra i due per mettere in cattiva luce il premier. Logorarlo, insomma, anche sul piano personale oltre che politico.
Le occasioni politiche, d’altronde, non mancano. Sulla giustizia, per esempio, i finiani potrebbero giocare in contropiede e affossare i disegni del premier. Un primo passaggio è il disegno di legge sulle intercettazioni. Basterebbe dar l’ordine ai suoi di mettersi di traverso, magari con l’avallo di Napolitano, e il Pdl potrebbe andare sotto. Altro passaggio delicato è il nuovo Lodo Alfano. Come si comporterebbero i finiani sull’eventuale scudo processuale per le alte cariche dello Stato? Anche qui il Pdl potrebbe subire gol. E poi altri provvedimenti minori targati Lega in materia di cittadinanza e immigrazione: sparigliare su questi temi, trovando la sponda delle opposizioni, irriterebbe il Senatùr e seminerebbe il seme della discordia tra Silvio e Umberto.

Ma è soprattutto su quello che sta più a cuore al Carroccio che Fini potrebbe far più male: il federalismo, cui è strettamente collegata la carta delle autonomie. Colpire lì sarebbe come piazzare una mina sul pilastro più solido su cui si regge la maggioranza: l’asse Bossi-Berlusconi.

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