Cronaca locale

«Un intervento provocato dalle pressioni del prefetto»

Ma l’amministrazione Penati replica: «Il grido di dolore del comune è soltanto una manovra elettorale»

Sostiene che quello dell’amministrazione di Milano «è un grido di dolore» interessato, «sotto periodo elettorale», e che «non si può, per negligenza, scaricare sull’hinterland il problema». Virgolettati dell’assessore provinciale alla Sicurezza, Alberto Grancini.
Che accusa la giunta Albertini di «strabismo» perché «i nomadi regolarmente registrati sono da cacciare» mentre, sostiene il dirigente dello Sdi, «il Comune deve regolarizzare i nomadi regolarmente presenti sul territorio perché stanziali». Lezioncina seguita a ruota da una nota Ds firmata da Marilena Adamo e Marco Cormio: Palazzo Marino - è la tesi dei consiglieri comunali - «chiede aiuto alla Provincia, che saprà fare quello che in cinque anni non ha fatto la giunta Colli». Affermazioni, sia quella dell’assessore della giunta Penati che degli esponenti ds, che «gridano vendetta al cielo». «Milano ha sempre fatto la sua parte» ribadisce Guido Manca: «Abbiamo sempre dato la massima collaborazione per risolvere un problema che non appartiene a uno schieramento politico ma alla collettività. Presa di coscienza che, adesso, è stata fatta propria anche dalla Provincia».
Seguono gli esempi di anni di politica d’integrazione che, osserva Manca, «in punta di diritto può essere rivolta solo ai rom in regola sul territorio milanese: in Triboniano sono 64 le famiglie regolari contro più di quattro, cinquecento persone presenti» rivela l’assessore di Palazzo Marino al collega di via Vivaio. Come dire: chi è in regola resta e chi no se ne deve andare. Condizione indispensabile per il ripristino della legalità, sapendo che «a nessun bimbo anche senza un timbro valido sarà negato un piatto di minestra e un letto». Ma questo, al civico 1 di via Vivaio, viene ignorato. «L’amministrazione Penati» chiosa l’azzurro provinciale Max Bruschi, «del problema nomadi si interessa e senza ricorrere al patetico buonismo solo perché c’è stato l’intervento del prefetto». Altrimenti? «Si sarebbe evitato ogni impegno». Condizione ben differente da quella della passata amministrazione, dove l’assessorato ai Servizi sociali aveva garantito «sostegno a quelle famiglie rom disponibili all’integrazione».


E mentre Davide Boni (Lega) reclama «una linea d’azione più severa», «prima di pensare al comfort dei nomadi, le forze dell’ordine passino al setaccio quegli insediamenti che sono cittadelle del crimine», c’è chi, sempre dalla Lega, «invita Penati a sentire il grido di dolore dei milanesi e spostare nell’hinterland anche le moschee».

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