«Obama? Rischia di piacere più alla destra che alla sinistra». Parola di Arthur Brooks, che la destra americana la conosce bene. Dal primo gennaio guida l'American enterprise institute, il centro studi per molti anni feudo dei neoconservatori, che con la sua nomina ha cambiato anima, privilegiando un liberalismo solido, saggio, sensibile alla spirituralità. E in questa intervista esclusiva al Giornale, Brooks commenta l'inizio dell'era Obama.
Barack sarà davvero un presidente di sinistra?
«Ne dubito e credo che molti in America, ma soprattutto in Europa, rimarranno delusi. Non è un pacifista, non è un socialista, è un cristiano praticante ed è un presidente americano che difenderà gli interessi del proprio Paese. Si illude chi pensa che Barack possa diventare un Casco Blu. Tradizionalmente in politica estera c'è continuità tra un presidente e l'altro e le differenze tra repubblicani e democratici sono marginali. Sarà così anche con lui e siccome è un liberal dovrà essere molto cauto e mostrarsi più duro di quanto vorrebbe per prevenire le critiche dei conservatori. E non è l'unica sorpresa».
A cosa si riferisce?
«All'economia, il nuovo presidente può varare riforme che McCain non avrebbe potuto nemmeno proporre. Ad esempio potrebbe abbassare le tasse sulle imprese, che negli Usa sono addirittura più alte che in diversi Paesi europei. McCain sarebbe stato sommerso delle critiche, ma Obama è un liberal e tempi di crisi può sostenere che si tratta di una misura salutare per il sistema produttivo americano».
Quale sarà l'atteggiamento dei conservatori verso Obama?
«Dovremo sostenere le misure che riteniamo giuste per il Paese e contrastare energicamente quelle che non condividiamo. L'era della contrapposizione ideologica è finita, occorre assumere un atteggiamento pragmatico e flessibile».
Ma il partito repubblicano è malandato, ne sarà capace?
«Infatti l'obiettivo di lungo periodo è di far emergere una nuova classe dirigente e di abbandonare gli steccati repubblicani. Io stesso sono un indipendente. I conservatori devono parlare alla società e non solo ai militanti. L'80% degli americani condivide le nostre idee, ma non apprezza un partito che si è lasciato corrompere dal potere e che per questo è stato punito alle urne».
Obama ha le qualità per essere un grande statista?
«In campagna elettorale è stato molto bravo, ha saputo ispirare la gente con la sua oratoria. Ma è stato il candidato più disciplinato della storia: individuati i temi vincenti non ha mai deviato, mantenendo la rotta. Per essere un buon presidente sono però necessarie altre qualità: l'intuito, il carattere, la capacità di reagire rapidamente agli eventi senza emotività, la lungimiranza».
E Obama possiede queste virtù?
«Non lo so, però mi sembra evidente che se applicherà davvero politiche di sinistra è destinato al fallimento. Personalmente mi auguro che ciò non avvenga subito, nell'interesse dell'America e anche di noi conservatori, perché in questo momento non possiamo proporre alternative vincenti».
Dunque cosa dovrebbe fare?
«Dichiararsi progressista, ma governare da conservatore. Era il segreto di Clinton e se Obama seguirà il suo esempio non potrà che far bene».
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