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INTERVISTA IMMAGINARIA4 DIABOLIK

Sotto la minaccia di un coltello alla gola e con la richiesta di non cambiare nessuna delle sue dichiarazioni, propongo l’intervista che ci ha concesso il Re del Terrore Diabolik che pubblica (dal 15 giugno in libreria) la propria autobiografia Io sono Diabolik da Mondadori. L’intervista è avvenuta in uno scantinato dove mi sono risvegliato dopo esser stato anestetizzato dallo stesso Uomo dai Mille Volti. Ho trascritto parola per parola ciò che Diabolik mi ha dettato.
Come descriverebbe il suo lavoro?
«Sono un ladro e quando serve un assassino. Vivo fuori della legge. Sono un criminale, anche se il termine non mi piace affatto: criminale è chi vìola la legge in maniera miope, per ottenere un risultato immediato. Io non accetto etichette così banali: io sono Diabolik. E basta».
Ma a lei piace uccidere?
«Uccidere per sadismo, morbosità o stupida mancanza di programmazione non ha senso. Per me è uno strumento per raggiungere un obiettivo. Non voglio attribuire un valore etico a questa logica, sarebbe assurdo, ma la distinzione è importante. Perché se non ho mai problemi a uccidere, mi chiedo sempre se mi porterà un vero vantaggio. Se posso raggiungere il mio obiettivo senza fare vittime, privilegio questa via».
Rubare cosa significa per lei?
«Non rubo per necessità, per avidità o desiderio di possesso. Se così fosse probabilmente accetterei di lavorare su commissione o con un’organizzazione criminale. Lo scopo dei miei furti è ben altro. La mia è una sfida a chi possiede beni preziosi e li difende con ogni mezzo. La sfida mi fa sentire vivo. C’è chi mi vede come un moderno Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Non è vero. Io rubo solo per Eva o per me».
Che cosa ci può dire delle sue origini?
«Ho una sorta di diffidenza nell’indagare sulla mia famiglia. Ho paura di scoprire qualcosa che mi possa rendere debole e ricattabile, che possa condizionarmi o addirittura creare un legame affettivo che non saprei come gestire. Del resto qualsiasi relazione è potenzialmente pericolosa perché i miei nemici la userebbero contro di me. Il mio amore per Eva è l’unica eccezione che mi voglio concedere».
Ha mai messo in dubbio i sentimenti della sua compagna?
«No. Il nostro rapporto è paritario, siamo compagni, amanti e soci. In tutto e per tutto. Mi chiedo però quale sia stata la scintilla dei suoi sentimenti per me. A volte penso che siano scaturiti dal suo desiderio di fuggire dalla realtà. La sua realtà. Non credo di averle insegnato nulla, ma penso che Eva abbia imparato molto da me».
Perché non avete una fissa dimora?
«Non possiamo affezionarci a un luogo o a un animale domestico. Sarebbe troppo pericoloso, ci renderebbe identificabili».
La vostra giornata tipo?
«La gente si immagina che le nostre giornate siano dense di emozioni, avventure e adrenalina, ventiquattr’ore su ventiquattro. È un luogo comune: al di fuori dei periodo in cui siamo impegnati nella realizzazione di un colpo, conduciamo una vita del tutto normale. Eva e io mangiamo insieme, dormiamo insieme, viviamo insieme. Molti dei nostri momenti non hanno nulla di diverso da quelli vissuti da una coppia qualsiasi».
Che ne pensa del suo avversario Ginko?
«Se non ci fosse lui le mie sfide avrebbero molto meno gusto. Sfuggirgli fa parte del gioco. È capitato che mi sia sostituito anche a lui. Avrei potuto approfittare di quelle occasioni per ucciderlo, ma non l’ho fatto. All’inizio Eva se ne stupiva, ma poi ha compreso che l’ispettore fa ormai parte, in un certo senso, dei meccanismi che regolano la mia vita. Voglio continuare ad averlo come avversario. E smentisco la voce secondo cui saremmo parenti, addirittura fratelli: io e Ginko non abbiamo alcun rapporto familiare. Anche se non sarebbe possibile escluderlo a priori, visto che non conosco le mie origini».
Armi preferite?
«Il mio fedele compagno resta il pugnale: regina di tutte le armi, la più flessibile e poliedrica, efficace nel corpo a corpo e micidiale se scagliato da lontano. Sono in grado di lanciarlo indifferentemente con la destra e con la sinistra, se necessario anche contemporaneamente. Il pugnale è l’arma ideale per chi, come me, dev’essere invisibile».
Perché l’hanno soprannominata l’Uomo dai Mille Volti?
«Perché posso assumere l’identità di chiunque. Ogni volta che mi serve, divento un’altra persona grazie alle mie maschere. Ho perfezionato la formula chimica che mi ha permesso di produrre una finta pelle perfetta. Così nessuno può accorgersi del trucco, a meno che non arrivi a tastarmi il volto».
Ha qualche hobby?
«Quando si sceglie un tipo di vita come il mio, non esiste il concetto di hobby e di tempo libero: tutto ciò che faccio, andare in barca con Eva, sciare, giocare a scacchi, dedicarmi al bricolage rientra nella mia attività professionale. Mi piace praticare ogni genere di sport e in molti miei rifugi ho attrezzato una palestra: per me mantenermi in forma è vitale».


Ha mai pensato di ritirarsi?
«Non mi arrenderò nemmeno di fronte alla certezza di perdere. Perché la mia vita non avrebbe senso se mi rassegnassi a un’esistenza convenzionale. La ghigliottina mi aspetta da troppo tempo per ritirarmi ad attendere una morte lenta e banale».

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