INTERVISTA MATTEO GALIMBERTI

Ci parli della sua azienda quando e come è nata e si è sviluppata e quali sono le vostre strategie?
«Flexform è una family company che nasce nel 1967 in quel fertile distretto produttivo che è stata la Brianza del Secondo dopoguerra. Oggi l’azienda è arrivata con i giovani della terza generazione a portare avanti la linea dei padri con una strategia che si fonda su pochi decisivi punti. Investimenti forti e continui per proporre un prodotto di grande confort e eccellente qualità; scelta di collaboratori d’eccezione che portassero in azienda il meglio della loro creatività. Fondamentale e decisiva è la colloborazione con l’architetto Antonio Citterio che da trent’anni coordina l’intera collezione Flexform. Altri professionisti straordinari sono stati Pino Tovaglia, il grafico che negli anni ’70 creò il marchio Flexform - lo stesso che ideò il famoso marchio Pirelli - e Natalia Corbetta, art director per l’immagine da anni, che ha coinvolto fotografi di calibro a firmare le campagne pubblicitarie Flexform. Tra questi Aldo Ballo, Gabriele Basilico, Maria Vittoria Backahus e, oggi, Gianni Berengo Gardin. A tutto questo si aggiunge un ingrediente fondamentale: una forte coesione familiare e una visione condivisa del progetto aziendale».
Quanto è importante l'export per l'azienda che si pregia di essere un brand del miglior design made in Italy?
«L’export incide per il 75%. I mercati maturi sono quelli europei consolidati in anni di duro lavoro dalla generazione che ci ha preceduto. I mercati emergenti - i Paesi del Bric - sono invece quelli su cui la nuova generazione è chiamata a impegnarsi. Oggi Flexform ha una rete capillare di rivenditori selezionati in tutto il mondo e show-room monomarca a Miami, Chicago, Tokio, Londra, Singapore, Seoul e San Paolo. Apriremo entro l’anno un nuovo show-room a New York e non ci fermeremo qui».
Quanto sono importanti i designer, e quanto gli artigiani che lavorano ai vostri prodotti?
«Vico Magistretti diceva che il design si fa in due: imprenditore e progettista. Nel caso di Flexform, questo è particolarmente vero. È stato fondamentale il percorso trentennale che l’azienda ha fatto con l’architetto Antonio Citterio che ha accompagnato lo sviluppo internazionale dell’azienda fornendo un contributo di creatività unico nella definizione della sua identità. Altrettanto lo sono le persone che lavorano nella nostra azienda. Molti dei giovani che sono oggi nella nostra fabbrica sono figli di quelli che hanno iniziato a lavorare con noi negli anni ’70. Fare bene le cose è un’arte che, per un prodotto che ha molto del “fatto a mano”, è fondamentale».
Qual è il mood che la vostra collezione trasmette a chi abita una casa arredata Flexform?
«Quattro capisaldi: comfort, qualità, sobrietà ed eleganza. Quando sentiamo parlare di un “living alla Flexform” sentiamo che siamo riusciti a creare un’identità precisa, riconoscibile, unica. È la nostra forza».
Cosa vuol dire il lusso oggi in un periodo di crisi globale?
«Il lusso per noi non è mai stato ostentazione gratuita. Il vero lusso è godere, tra le pareti di casa, della bellezza di un divano o di un tavolo ben pensato e ben fatto. Preferiamo identificare il lusso con la cura con cui facciamo le cose, con l’amore per il dettaglio e con l’emozione che riusciamo a trasferire».
Qali sono le principali novità che presentate al Salone del Mobile di quest’anno?
«Il pezzo forte è il divano Grandemare, progettato da Antonio Citterio e rivolto a un pubblico giovane, metropolitano, contemporaneo.

Basso, quasi aderente al terreno, morbido e componibile all’infinito diventa un’isola che ingloba anche tavolini d’appoggio con piani in marmo. Quasi una stanza nella stanza. Un divano che, come un grande mare, avvolge con un effetto cocoon chi ama vivere, leggere, dormire, sognare su un divano».

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