Politica

Intesa bipartisan sul dopo-Fazio: il Polo dice no

L’ex avvocato generale dell’istituto starebbe studiando un progetto di riforma

da Roma

«Che direbbero i mercati se fossero i partiti politici a decidere le dimissioni del governatore di Bankitalia»? La domanda che si pone il viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas rappresenta bene la perplessità - o forse qualcosa di più - con cui la maggioranza ha accolto la proposta Fassino di un dimissionamento bipartisan di Antonio Fazio. «Berlusconi e Prodi, insieme, persuadano il governatore a un atto di responsabilità», ha suggerito il segretario dei Ds. Ma la replica è netta: niente inciuci su Bankitalia.
La «scaletta» del governo sul caso Fazio è abbastanza chiara: prima di tutto occorre sentire la campana del governatore, e questo avverrà il prossimo 26 agosto durante la riunione del Comitato per il credito e il risparmio (Cicr). Una volta ascoltate le ragioni di Fazio - che finora non ha aperto bocca, almeno pubblicamente - a Palazzo Chigi si deciderà se inserire con un emendamento alla legge sul risparmio, che riprende il cammino in Senato a metà settembre, per fissare il mandato a termine del governatore. Nel frattempo, una proposta in tal senso - in base al parere richiesto dalla stessa Bankitalia alla Banca centrale europea - potrebbe giungere autonomamente da via Nazionale. Al testo di riforma dello statuto, secondo indiscrezioni, starebbe lavorando l’ex avvocato generale della banca Vincenzo Catapano. Una volta approvata, in un modo o nell’altro, la revisione del mandato, la palla passerà nelle mani di Fazio.
Intanto, la pressione del centrosinistra e di ambienti imprenditoriali sul governatore non scema. Sul Sole-24 ore, Romano Prodi ha illustrato un progetto di riforma delle autorità di vigilanza che prevede la loro riduzione a quattro (Bankitalia, Antitrust, Consob più un’authority sui servizi che vigilerebbe su telecomunicazioni, elettricità, gas e acqua). Il tutto in un quadro di radicale cambiamento delle regole di nomina. «In questa proposta ci riconosciamo», dicono i Ds e la Margherita.
Aperta sulla questione del mandato a termine, la maggioranza rifiuta però il dimissionamento politico del governatore. «La Banca d’Italia è un’istituzione autonoma, e dobbiamo lasciarla tale, senza interferenze politiche», dice il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola. «Berlusconi non può far patti con Prodi, che non è un leader. E chi chiede le dimissioni di Fazio, non mosse un dito sugli scandali Cirio e Parmalat», taglia corto Roberto Calderoli. E due politici di lungo corso come Giulio Andreotti e Francesco Cossiga criticano l’Economist che ha chiesto apertamente al governatore di farsi da parte.

«Fazio è scomodo per la finanza laicista», osserva Andreotti.

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