Intesa fa la sua lista con Bondi: Parmalat infiamma la Borsa

Su Parmalat, in vista dell’assemblea del 14 aprile, il mercato fiuta qualche incertezza e scommette su possibili sorprese. Ieri i titoli del gruppo alimentare di Collecchio hanno dato uno strappo del 4,2%, che si confronta con il meno 2,4% dell’intero listino; ma più ancora del prezzo hanno significato le azioni scambiate, pari al 6% del capitale. La notizia che ha infiammato le scommesse sul gruppo è venuta da Intesa Sanpaolo, istituto che già altre volte è stato protagonista di operazioni «di sistema» o, se si preferisce, di «difesa dell’italianità» (Alitalia, Telecom). Corrado Passera ieri ha confermato la presentazione di una lista per il cda che sarà «capeggiata da Enrico Bondi», al quale sono riconosciuti i meriti di risanatore; proprio quell’Enrico Bondi che i fondi Skagen, Mackenzie e Zenit, titolari del 15,3% e quindi maggioritari in questa public company, vogliono estromettere nell’intento di dare una svolta verso una gestione più aggressiva. Qualcuno ha chiesto a Passera se Intesa Sanpaolo sta organizzando una cordata e lui ha risposto senza proprio smentire: «Parmalat è un’importante azienda italiana e quindi se si potrà fare qualcosa... Al momento non c’è nulla di annunciabile». Il mercato ha fatto presto a trarre deduzioni che però gli ambienti vicini a Intesa hanno smorzato nettamente: nessuna cordata, nessuna strategia rivolta al controllo. Semplicemente Intesa, che è titolare del 2,43% di Parmalat, intende presentare entro la scadenza dei termini di domani, una propria lista, «non di minoranza né alternativa a quella dei fondi», della quale in queste ore si sta elaborando la composizione e sulla quale in assemblea potrà convergere il voto di altri soci. Il primo nome sarà quello di Bondi: Passera viene indicato come interessato soprattutto a «progetti e prospettive industriali», e Bondi, che i fondi esteri vogliono sostituire, in questo modo potrà rientrare nel cda.
Se poi, nel medio lungo periodo, dovessero maturare le condizioni per l’ingresso di una cordata italiana acquirente, questa potrebbe fare perno su Intesa e su Bondi. In ogni caso Parmalat è una storia in divenire.

Oggi il gruppo ha come maggiori azionisti Skagen, Mackenzie e Zenit, tre fondi esteri le cui intenzioni sono esplicite: valorizzare e poi, eventualmente, vendere, per intero o a pezzi. Così è partito l’allarme (tardivo) su un’altra azienda italiana con la bandiera a rischio.

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