Intesa-Lazard, divorzio da 150 milioni di dollari

Milano esce dalla joint venture ma incasserà nel 2008. Bazoli: «Solo fusioni industriali»

Da Milano

Banca Intesa dice addio a Lazard Italia ed è «pronta» a svolgere il proprio ruolo nel riassetto del credito italiano a patto, però, di portare a termine operazioni «industriali». Nell’aria da mesi, la fine dell’accordo con la casa d’affari Usa dovrebbe essere annunciata questa mattina da Intesa. I legali stanno limando i dettagli ma Intesa restituirà a Lazard il 40% della joint venture italiana per un controvalore prossimo a 146 milioni di dollari.
Il denaro, che andrà a ripagare l’investimento effettuato (incluso un prestito da 50 milioni concesso a Lazard Italia), sarà incassato da Intesa nel febbraio 2008. La tempistica è, quindi, la stessa del contratto originario che poneva al 2007 la scadenza della jv ma grazie a questo accordo il gruppo di Corrado Passera evita l’arbitrato e ottiene il vantaggio di muovere da subito in piena autonomia nel mondo dell’advisory: ricevuto l’ok dell’Antitrust, il contratto dovrebbe essere operativo nell’arco di 45 giorni.La transazione prevede, inoltre, una modifica del convertibile da 150 milioni di dollari nelle mani di Intesa che avrà come sottostante non più Lazard Group ma la quotata Lazard Ltd. La scadenza è stata anticipata dal 2018 al 2016, mentre tra il 2008 e il 2011 Intesa potrà convertire i diritti a un prezzo di 57 dollari ottenendo il 2,7-3% del gruppo (44 dollari la chiusura di ieri a Wall Street). La strategia «aggregante» è stata, invece, posta dallo stesso presidente Giovanni Bazoli al centro della lettera che accompagna il bilancio 2005. Rilanciando il ruolo assegnato a Banca Intesa «dalla sua rilevanza nazionale e dalle sue tradizioni, dalle sue potenzialità imprenditoriali e dai suoi azionisti».

L’anno in corso si preannuncia «importante» per gli equilibri all’interno del sistema bancario italiano ma, avverte Bazoli, «ulteriori aggregazioni, che molti auspicano per accrescere la massa critica e quindi la competitività, debbono essere motivate e giustificate da precisi progetti industriali che assicurino valore per gli azionisti e vantaggi per i clienti».

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