Intesa «più» Sanpaolo fanno 2,3% di Generali E Bazoli studia Hopa

Il 25 gennaio cda di Mittel per la fusione con la finanziaria di Gnutti L’ipotesi di una «mini-Mediobanca» e il ruolo di Zaleski

da Milano

Intesa Sanpaolo supera il 2% nelle Generali. Per l’esattezza 2,28%, contro la precedente quota di Intesa dell’1,9%. È il risultato della fusione con l’istituto torinese, ma fa notizia perché porta il gruppo presieduto da Giovanni Bazoli oltre la soglia del 2% a pochi mesi dal rinnovo del cda della compagnia. Si crea però una partecipazione incrociata, visto che Generali, tramite Alleanza, ha il 4,9% di Intesa, il che porterebbe a congelare i diritti di voto di Intesa a Trieste. Una situazione che però, essendo scaturita in seguito alla fusione, non dovrebbe creare problemi a Intesa. In ogni caso, pensando che l’alleato Zaleski risulta titolare di un altro 2,2%, l’immagine di un blocco bresciano che intenda dire la sua a Trieste è da ieri ancora più nitida.
Nello stesso tempo, lo stesso blocco si sta muovendo, proprio a Brescia, per mandare in porto la fusione tra le due grandi finanziarie della città, Mittel e Hopa. La prima è quotata in Borsa, presieduta dallo stesso Bazoli di cui Zaleski è il primo socio, con il 20%. Hopa è la holding fondata da Gnutti e finita un po’ nell’ombra dopo le vicissitudini giudiziarie patite dal suo stesso fondatore. Per ora non risulta convocato un cda di Hopa, mentre quello di Mittel, già in agenda da tempo per il 25 gennaio in vista della prossima assemblea, dovrebbe essere l’occasione per entrare effettivamente in argomento.
L’idea è quella di mettere insieme due realtà alla ricerca di una identità e di una missione precisa. Mittel cerca massa critica: capitalizza in Borsa meno di 400 milioni, i suoi soci non sono intenzionati a fare aumenti di capitale, e per dare consistenza a un’attività di investimento di tipo private equity, mantenendo quella di holding di partecipazioni (un piccola quota in Intesa Sanpaolo, l’1,5% in Banca Lombarda e l’1,2% in Rcs), necessita di maggiore forza. Hopa, dopo la cura dimagrante di quest’ultimo anno, conta asset valutati a giugno (secondo una perizia di Maurizio Dallocchio) da 1,5 a 2 miliardi. Compresa la quota del 3,7% in Telecom Italia detenuta da Holinvest, holding al 100% di Hopa. Solo questa partecipazione vale oggi, ai prezzi di Borsa, 1,1 miliardi.
Sulla base di questi numeri Bazoli e Zaleski sarebbero vicini a fare una proposta a Gnutti e Lonati, attuale presidente di Hopa, ma anche alle banche (Bpi, Mps e Unipol) che partecipano al patto di sindacato della finanziaria di via Zanardelli e che non vedono l’ora di monetizzare.
Le ipotesi sono due: la prima è lo scorporo di Holinvest, che resterebbe ai soci di Hopa, e che così permetterebbe di trattare un matrimonio vicino alla pari. Oppure il conferimento in Mittel, da parte di Zaleski, di quote di sua proprietà (Generali e l’1,7% di Telecom) che permetterebbero al finanziere franco polacco di non diluirsi nella fusione, ma anzi di rafforzarsi (la sola quota di Generali vale un miliardo). Avendo poi ai suoi piedi una «mini-Mediobanca», con il 5,4% di Telecom, il 2,2% delle Generali, l’1,2% del Corriere della Sera, e circa il 2,5% di Banca Lombarda (di cui oggi anche Hopa detiene una quota nell’ordine dell’1%) e con un asse privilegiato con Intesa-Sanpaolo.

È evidente che tra le due strade corre tutta la differenza del mondo, in una forchetta di valore che varia dall’ipotesi minimale di un miliardo, a quella mega di oltre 4 miliardi. Se ne saprà di più nei prossimo giorni.

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