Intesa-SanPaolo, colosso da 65 miliardi

Bazoli e Salza ai vertici, Passera numero uno operativo

Paolo Stefanato

da Milano

Incalzate da indiscrezioni di stampa e strette dalla Consob, Banca Intesa e SanPaolo Imi nella tarda mattinata di ieri hanno confermato, con due comunicati disgiunti ma identici, l’esistenza di «trattative in esclusiva» per una fusione tra i due gruppi. Nel pomeriggio il presidente dell’istituto milanese, Giovanni Bazoli, ha ammesso: «Siamo stati colti di sorpresa dalle indiscrezioni, che hanno accelerato un processo che avrebbe richiesto ancora delle settimane. L’operazione per completarsi richiederà tempi abbastanza lunghi». Per sabato sono stati convocati i due consigli di amministrazione, e quindi nel fine settimana dovrebbe prendere forma la più grossa operazione bancaria «tutta italiana» degli anni recenti, la prima dell’«era Draghi», ovvero del nuovo corso alla Banca d’Italia.
All’ordine del giorno dei due consigli, ci saranno, tra l’altro, la definizione delle regole e della struttura di governance della nuova realtà, i valori di concambio, la stima della creazione di valore determinata dall’operazione. Sarà varata anche la stesura del piano industriale, che dovrebbe essere messo a punto entro due mesi.
L’operazione darà vita al primo istituto di credito italiano, testa a testa con Unicredit, e settimo in Europa, con una capitalizzazione di Borsa intorno ai 65 miliardi di euro. Avrà sede legale a Torino e quartier generale operativo a Milano. Quanto alla struttura di governo della nuova realtà, il modello individuato per mantenere il massimo equilibrio è di stampo tedesco, e cioè una struttura «duale» con, appunto, due organi: il consiglio di sorveglianza e quello di gestione. A presiedere il primo sarà chiamato Giovanni Bazoli, attuale presidente di Banca Intesa, mentre Enrico Salza, ora presidente del SanPaolo Imi, sarà al vertice del secondo. Amministratore delegato unico, sarà Corrado Passera, che avrà dunque nelle sue mani il compito di unire due realtà così grandi, con il massimo dell’efficienza e il minimo dei contraccolpi sociali.
Nessun ostacolo all’operazione è giunto dagli azionisti stranieri dei due istituti. I francesi di Credit Agricole, oggi socio di Intesa col 17,8% del capitale e con diritto di veto, hanno, infatti, espresso soddisfazione per l’operazione anche se questa porterà a una diluizione della quota di possesso, diluizione accolta con la consapevolezza della portata istituzionale e nazionale dell’aggregazione; lo stesso Bazoli ha confermato che i francesi «non aumenteranno la loro presenza». Più freddo il gruppo Santander (azionista con il 7,7% del SanPaolo) il cui portavoce si è limitato a un «non commento. Non è la nostra fusione».
Di recente gli spagnoli avevano annunciato un’alternativa strategica: crescere o lasciare. Vedremo ora come si comporteranno. Anche i soci italiani hanno dichiarato il loro apprezzamento: dalla Fondazione Cariplo, alla Compagnia SanPaolo, alle Assicurazioni Generali.
L’aggregazione Intesa-SanPaolo darà vita a un gruppo con circa 7.700 sportelli e 115mila dipendenti e una quota nel mercato in Italia di circa il 20%.

Il progetto di fusione, cui i vertici hanno lavorato con assoluto riserbo durante le ultime due settimane (Intesa precedentemente aveva guardato a Capitalia senza peraltro ottenere corresponsione di sentimenti) e lo hanno comunicato agli azionisti solo negli ultimi giorni, ieri ha ricevuto un sonoro plauso del mercato: a Piazza Affari le azioni di Intesa hanno registrato un rialzo del 7,3% a 5,01 euro, mentre quelle del SanPaolo sono cresciute del 6,1% a 15,57 euro, superando i massimi dell’anno. Valori «facili» (uno a tre) che danno già l’idea di quelli che potranno essere i concambi.

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