Roma - Che il vertice andrà a buon fine lo si capisce fin dall’inizio, quando poco dopo pranzo Gianfranco Fini e Umberto Bossi si incontrano per un caffè al bar El pupulin di Gemonio. Una sorta di nemesi per il leader di An, che dopo la caduta del primo governo Berlusconi aveva detto e ripetuto che con il Senatùr non avrebbe mai più preso «nemmeno un caffè». E invece, l’immagine che i fotografi consegnano agli archivi è quella di un Fini sorridente che sorseggia il suo espresso nel piccolo paese del Varesotto dove vive Bossi, una sorta di sigillo a quella che potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione del centrodestra.
D’altra parte, se il leader di An - accompagnato da Ignazio La Russa e Andrea Ronchi - decide di arrampicarsi fino a Gemonio una ragione deve pur esserci. Che poi è la stessa che porta a casa Bossi pure Silvio Berlusconi, arrivato direttamente da Arcore poco dopo Fini. Tutti e tre, infatti, sono ormai convinti che le elezioni anticipate siano «qualcosa di più di un’ipotesi sul tavolo». Perché - concordano - a leggere le dichiarazioni di ministri e leader di partito e a sentire in privato i diretti interessati, la sensazione è che lo show down possa avvenire da un momento all’altro. E in quel caso, è il ragionamento, «dobbiamo farci trovare pronti».
Per questo, spiega Berlusconi ai cronisti al termine della riunione, «abbiamo deciso di incontrarci e mettere a punto un’azione comune della Cdl». Acronimo che, nonostante l’assenza dell’Udc, il Cavaliere non utilizza per caso. Tanto da ripetersi, quando si dice sicuro di ricostituire «quel clima di accordo che nella Casa delle libertà aveva portato al record assoluto di cinque anni di governo». Così, si parte dall’accordo sulla riforma elettorale per rilanciare «l’alleanza di centrodestra che è sempre più solida». Al punto che Berlusconi conferma di voler riaprire l’Officina e lancia «gli Stati generali dell’opposizione». Ai quali, spiega, «saranno chiamati anche tutti gli altri partiti che all’interno della coalizione avanzano in questo momento qualche perplessità». L’obiettivo, spiega Fini, è «passare all’attacco» e «riprendere l’iniziativa nei contenuti» così da «non lasciare tutto il palcoscenico alla sinistra».
Dopo mesi di incomprensioni, il gelo Berlusconi-Fini e le ultime uscite di Bossi (prima quella sui fucili, poi qualla su Marini), il centrodestra prova dunque a ripartire dalla riforma elettorale. Con Forza Italia, An e Lega che archiviano definitivamente il modello tedesco e si dicono disponibili a esaminare una nuova legge elettorale «purché si uniformi a tre punti». Che Berlusconi va a elencare: «Bipolarismo, indicazione preventiva delle alleanze e del premier e, infine, uno sbarramento che eviti la frammentazione». Con una premessa («per noi si può votare anche con questa legge») e un corollario tacito: andare al voto nel 2008. Un punto su cui i tre leader non si sbilanciano («vedremo», si limita a dire Bossi), ma di cui non fa alcun mistero La Russa.
La decisa sterzata di Forza Italia, An e Lega porta gli effetti previsti. Perché, nonostante qualche voce fuori dal coro, nella maggioranza sono in molti a dirsi «interessati» al dialogo. Con buona pace dell’Udc che - come previsto da più d’uno dei partecipanti al vertice - «resta nell’angolo», anche perché da sempre i centristi sono fautori di quel modello tedesco che a Gemonio pare essere stato definitivamente archiviato. Berlusconi, Fini e Bossi, infatti, convinti che il voto anticipato sia ormai un’eventualità non troppo lontana, vogliono rilanciare l’alleanza cercando di chiudere una volta per tutte la querelle con Pier Ferdinando Casini. Che nel momento in cui l’Udeur e buona parte della maggioranza si dicono disposti ad aprire un tavolo rischia di trovarsi completamente isolata. Non a caso Rocco Buttiglione non nasconde la sua «perplessità». L’intesa, dice il presidente dell’Udc, ha il sapore di «un comunicato stampa che copre posizioni che sembrano rimanere le stesse», visto che «sono stati dati dei paletti troppo vaghi». E, oltre ai timori dell’Udc, va registrata pure la contrarietà della Dc per le Autonomie di Gianfranco Rotondi.
A suggello della ritrovata armonia, Berlusconi, Fini e Bossi si concedono una foto ricordo sotto il pergolato di vite che sta nel giardinetto della casa. Allegri e sorridenti, tra i tre è un rincorrersi di pacche sulle spalle e battute («dai, dai, facciamo la foto tutti insieme come a Yalta»).
Ma per il Senatùr - accompagnato da Roberto Maroni e Roberto Calderoli - è pure l’occasione di scusarsi pubblicamente con il presidente del Senato per una battuta (quella sui cadaveri) che lo stesso Bossi definisce «infelice»: «L’ho fatta per invidia, perché piace alla gente. Stimo Marini e gli chiedo scusa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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