Economia

Intesa, Unicredit e Mediobanca contro Lactalis

À la guerre comme à la guerre, dicono i francesi. Ovvero non si può andare in guerra come se fosse una passeggiata di primavera. E nel caso di Parmalat oggi sarà il giorno della prima battaglia sul campo. Dopo che il Consiglio dei ministri ha autorizzato Giulio Tremonti a imbracciare lo scudo anti-scalate, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mediobanca hanno fatto fronte comune, firmando la lettera da consegnare questa mattina al cda di Collecchio per motivare il rinvio di due mesi dell’assemblea.
Il testo, licenziato ieri notte, prevede da parte delle tre banche l’impegno a supportare la costruzione di una cordata italiana per Parmalat sia sotto il profilo della consulenza sia dei finanziamenti; esclusa invece al momento l’opzione di investimenti diretti nell’azionariato di Collecchio.
Nel documento non ci sarebbero quindi né i numeri dell’impegno finanziario né i nomi dei possibili partner industriali. In sostanza si comunicherà ufficialmente al board di Parmalat che esistono le condizioni per una cordata alternativa ai francesi di Lactalis e che dunque è cambiato lo scenario di riferimento, anche con le nuove norme introdotte dal governo. L’impegno delle banche è formale ma c’è ancora da lavorare. Perché se a fianco di Intesa, Unicredit e Mediobanca sono pronti a schierarsi alcuni fondi di private-equity (come Palladio e il fondo Tip di Tamburi), va ancora trovato il partner industriale di riferimento viste le ultime resistenze di Ferrero. All’azione corale delle banche si potrebbe aggiungere il sostegno del Tesoro attraverso la partecipata Fintecna o con la Cassa Depositi. L’obiettivo è prendere tempo per far arretrare Lactalis, riportandola a un tavolo negoziale per un accordo o eventualmente farle cedere le azioni, visto che neppure la famiglia Besnier, gravata da un fardello di 2,4 miliardi di debiti a fronte di 900 milioni di ebitda, potrebbe facilmente digerire un’Opa da 5 miliardi. Per adesso Lactalis non sembra però demordere. Dopo aver minacciato un’azione di responsabilità nei confronti dei consiglieri di Parmalat (Enrico Bondi compreso) se approveranno il rinvio dell’assemblea, i francesi ieri hanno esercitato l’equity swap su Collecchio portandosi al 28,97% del capitale. Da Parigi è inoltre arrivata una risposta all’altolà della Commissione Ue di mercoledì scorso: l’ingresso nel capitale di Parmalat «non può essere considerato come un’acquisizione del controllo e, pertanto, non vi è la necessità di procedere a una notifica preventiva». I francesi alzano quindi le barricate contro un’eventuale incursione dell’Antitrust europeo, chiedendo di essere esentati dall’istruttoria del Garante che bloccherebbe le azioni per 25 giorni, escludendo così l’esercizio del diritto di voto in occasione dell’assemblea dei soci.

Mentre si attendono le prossime mosse di Bruxelles, che potrebbe spianare la strada alla controffensiva italiana, anche il mercato si prepara alla battaglia: Parmalat ha chiuso la seduta con un +1,2 per cento.

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