Tre giorni di tutto esaurito al Conservatorio con Franco Battiato, sono uno schiaffo alla crisi della musica e al tempo stesso al bombardamento quotidiano di suoni commerciali. E avrebbero fatto ancora meglio alla musica se limperizia degli organizzatori non avesse costretto alcuni spettatori e alcuni giornalisti che dovevano dar conto dellevento a seguire lo show in piedi o addirittura a rinunciarvi. I boati e lunghi applausi che si sono sentiti dopo brani come «La cura» o come laffranto «Il carmelo di Echt» (di Iuri Camisasca) sono boccate daria pura nellinquinatissimo panorama di pop e dintorni. Ma Battiato è Battiato, quello che «la mia paura è ripetere cose già dette», colui che viaggia sempre su percorsi obliqui e spiazzanti. Negli ultimi anni è andato in tour con la Royal Philharmonic Orchestra, con un manipolo di tosti rockettari (pizzicati dalle band FSC e Sintesi) più quartetto darchi, e ora torna alla formula acustica con i quattro archi, pianoforte, chitarra e tastiere. Ti aspetti un concerto raccolto, intimista, in punta di piedi (e lo è in pagine esemplari come «Lode allinviolato», «Inverno») ma lui è un mago nellassemblare emozioni e atmosfere differenti. Canta seduto su un tappeto persiano e il Conservatorio sembra il salotto di casa sua. Racconta aneddoti (dalle sue prime avventure in Inghilterra alla nascita di «Mesopotamia», il pezzo scritto per Morandi che, dopo averlo eseguito, disse: «Ho sentito il pubblico allontanarsi da me») col piglio del raconteur istrionico e profondo. Così come di istrionismo e profondità, di equilibrio tra dramma e ironia, ritmo, melodia e vibrante comunicativa vivono le sue canzoni. Rilegge il suo repertorio dalle radici, recuperando persino la ariosa «E più ti amo» (ripescata nel suo ultimo album «Fleurs2»), la cover di Alan Barrere che fu il suo primo disco da professionista. («Con quel brano guadagnai le prime 10 mila lire; il 45 giri era allegato alla Settimana Enigmistica», racconta un divertito Battiato).
Poi vola dagli anni 70 («in cui facevo musica allucinata a basso volume») alla complessa articolazione de «I treni di Tozeur», dallattualità di «Tutto luniverso obbedisce allamore» alla leggerezza di «Its Five OClock» degli Aphrodites Child. Col suo buffo inglese ne dà una versione memorabile, dimostrando che non conta il belcanto (qui non si dovrebbe dirlo), quanto labbandono lirico. Un gran concerto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.