(...) per le contestazioni guidate da esponenti di Rifondazione comunista e dove davanti al Ducale è stato contestato da un tizio che per avergli urlato roba sulla mafia ed essersi preso per questo del «coglione» da Berlusconi, è diventato un santino per i giornali locali con tanto di intervistine devote - quando è arrivato Storace a piazza Banchi cè stato un gruppetto di manifestanti che aveva come imperativo categorico solo quello di impedirgli di parlare, spintonandosi con i sostenitori del leader della Destra e urlando simpatici slogan come «Carlo è vivo e lotta insieme a noi», «Fascisti carogne», «Assassino», «Genova libera» e «Vai a casa». E Storace li ha giustamente sistemati con poche parole: «Non li ho sentiti, sul palco le voci non arrivavano, ma questo testimonia la differenza profonda fra noi e loro. Noi non ci sogneremmo di cercare di impedire ad altri di parlare». Ed è vero.
Stesso giorno, altro palco, altra piazza. A De Ferrari cera Mario Borghezio e per lui si sono mossi un centinaio di giovanotti dei centri sociali, anarchici e membri dell«Assemblea antifascista permanente», che hanno interrotto il comizio al grido di «Genova libera!». Prima di loro, un passante, in nome della democrazia, aveva urlato slogan anti-Borghezio e buttato a terra i volantini distribuiti da una volontaria leghista. Altri ancora hanno lanciato petardi, qualcuno è passato direttamente a un sasso, portato come un macabro trofeo dal segretario della Lega Nord Liguria Francesco Bruzzone qualche giorno fa alla presentazione delle liste: «Le nostre possono essere anche idee forti, ma le abbiamo sempre sostenute con la parola e rispettando il sistema democratico.
Bruzzone ha perfettamente ragione. Ed ha solo dimenticato di dire che chi lancia lo fa in nome della «tolleranza» e della «democrazia». Proprio così. Tolleranza e democrazia. Con le virgolette.
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