Franco Ordine
«Dottore, ecco il bomber, glielo passo». Adriano Galliani, ebbro di felicità, al telefono con Silvio Berlusconi soddisfatto e rimborsato della notte da Milan, è il più lesto della compagnia. E il premier è il primo, in diretta, a fare i complimenti alluomo del Bayern, Filippo Inzaghi, autore di un memorabile uno-due sulla schiena dei tedeschi impallinati senza pietà. «Berlusconi e Galliani sono state due persone fondamentali per me: mi hanno fortemente voluto al Milan, mi hanno difeso, mi hanno curato e mi hanno atteso quando molti pensavano che fossi finito calcisticamente. Ho pensato a loro», è la candida chiosa che SuperPippo confeziona dopo quel colloquio telefonico avvenuto nelle viscere di San Siro, a qualificazione raggiunta. Cui ne segue un altro ancora, nel cuore della notte. «Stavo provando a dormire quando mi ha richiamato Galliani. Pippo - mi ha detto -, non riesco a chiudere occhio, continuo a rivedere su Milanchannel il tuo secondo gol» riferisce Inzaghi che riesce a togliersi lo sfizio di stare nel club dei più grandi, al cospetto di una leggenda come Alfredo Di Stefano, particolare da riferire al nipote Tommaso, figlio di Simone e Alessia Marcucci, che è uno dei suoi più scatenati supporter.
Incontro con Di Stefano. «Vorrei incontrare don Alfredo e stringergli la mano» racconta Inzaghi come un bambino appena entrato nella favola. Sincrespa la voce e lumore scende solo se gli chiedono conto di quei dialoghi con Shevchenko registrati in panchina dopo le rispettive sostituzioni. «Ma no, ma quali problemi, parlavamo della percentuale altissima di realizzazione che abbiamo sui nostri tiri in porta» saffanna a ripetere didascalico, per tenere al sicuro e al coperto il sodale Shevchenko. Se gli diamo per buona la spiegazione, bisogna recuperare la cifra del Milan, che è davvero prodigiosa. Dal 5 febbraio, sera del disastro di coppa Italia, 0 a 3 col Palermo, striscia di un mese giusto, il Milan è diventato una fabbrica del gol: 20 in 7 partite, tra campionato e coppa dei Campioni, una media da urlo.
I tre mesi di Lippi. Merito determinante di Inzaghi e del recupero di una forma mondiale. Fa gol in tutti i modi, di piede, di testa, al volo e trovando il varco. «Provvedendo anche allauto-assist» come riferisce Ancelotti, stregato dallabilità e dalla divina provvidenza che gli apparecchia, su cross di Serginho, la palletta del 3 a 1. Lunica ombra in una notte di luci accecanti, è il futuro mondiale, mai messo in dubbio dai rapporti personali. «Sono eccellenti» rimarca Lippi rientrato a Viareggio da San Siro. Lippi non parla di Pippo, evita anche le telecamere di Milanchannel («perché sapevo che mi avrebbero chiesto di lui») e dinanzi alla tempesta di gol e di interrogativi, manda a dire che «cè tempo tre mesi per preparare la lista e che solo dopo la sua pubblicazione ciascuno potrà dire la sua». Inzaghi deve resistere fino a metà maggio per avere qualche chance di un viaggio in Germania. Nel frattempo misura ogni parola, ogni aggettivo. Solo sul Milan non si contiene, come in area di rigore del Bayern. «Abbiamo giocato da dio e i tifosi ce ne sono riconoscenti» sentenzia.
I 50 dvd di Galliani. Martedì mattina, a Milanello, con la posta da via Turati, sono arrivati 50 dvd indirizzati a squadra, staff tecnico, sanitari, preparatori, con il film famoso di Al Pacino Ogni maledetta domenica. Chissà se è servito, sinterroga Galliani sparito dalla tribuna al 4 a 1 di Kakà e rifugiato nella sala senza tv dello spogliatoio, con Gattuso incaricato di scandire la marcia di avvicinamento al gran finale. «A meno 30 secondi sono partito» ricostruisce Galliani che ha passato tutto il pomeriggio per rispondere alle interviste.
Pallina ruvida. Oggi è già il giorno del sorteggio, imboccato con una spina in gola, la paura di un altro derby. Il sorteggio Uefa, da qualche anno, sembra fatto in modo scientifico: ai quarti scattano le tagliole per evitare di mandare avanti squadre di una stessa città (o nazione).
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