«Io aggredito, ma la polizia non è arrivata»

di Andrea Acquarone

Il «Desiderio» non è un tram. Quelli almeno sferragliano, magari non sempre puntuali ma almeno presenti. Qui, nella «piccola mela» che vive le paure, gli afrori di mille etnie e di tutte le loro tensioni, il «Desiderio» può diventare un miraggio. Come quello di sentirsi protetti, tutelati, difesi. Sei nei guai? Sta accadendo qualcosa di brutto? La regola, semplice, è la stessa. Da sempre. Comporre un numero: 112 o 113. Dovrebbe arrivare la «cavalleria», i rinforzi. Peccato che a Milano, l’Sos, troppo spesso resti inascoltato. Un problema che ormai da troppo tempo riguarda tutti.
È successo anche a noi. Ore 23.27. Un amico mi accompagna a casa in auto. Fermi al rosso, all’improvviso un botto, qualcuno ci ha tamponato. Sull’altra auto tre sudamericani. Uno, in canottiera, sostiene che non è accaduto nulla. Non è così. Ma ci «ordina» di andarcene. Tentiamo di parlarne. Ecco uscire dalla macchina i suoi amici. A torso nudo, le facce cattive bagnate da troppo alcol. Minacciose. Cercano la rissa. Cosa fare? Meno male che c’è il telefonino. Si chiama il 112, tra urla e minacce. Trilla a vuoto, per oltre un minuto. La tensione si taglia. Spesso è questione di attimi. Vorrei reagire, ma so che nel Paese delle ingiustizie mi trasformerei nel cattivo. Così riprovo: stavolta chiamo la polizia. Un operatore risponde serafico che in caso di incidente bisogna contattare i vigili. Dura fargli capire che qui non una questione di danni. Abbiamo paura, siamo in pericolo. Uno dei balordi ha in mano una bottiglia, l’altro qualcosa che somiglia a un cutter. Vorremmo sentire l’urlo di una sirena. Nulla. Riproviamo, stavolta risponde una donna.

I tipacci sono sempre più aggressivi. Scorrono i minuti. Ancora niente, la polizia non si vede. Così cediamo. I tre scappano. Noi restiamo li. Soli e arrabbiati. Consolandoci amaramente: «Meno male che non c’erano i nostri figli».

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