«Io? Bello paciarotto». E fu arrestato in diretta

«Pervicace», lo definisce il giudice che lo ha mandato nuovamente ai domiciliari. Perché Piergianni Prosperini, arrestato ieri, l’ultima tangente l’avrebbe presa quando già sapeva di essere sotto inchiesta. Quando, due anni fa, la Procura gli aveva notificato un atto di proroga delle indagini. Sempre la stessa storia. Mazzette per oliare gli appalti della Bit, gli spot elettorali (i suoi) sovrafatturati a carico della Regione. Con il colpo di teatro dell’arresto in diretta Tv. «Io in manette? - disse in collegamento telefonico - macché, sono qui bello paciarotto». In realtà, proprio in quel momento le Fiamme gialle stavano entrando nel suo ufficio. E poche ore dopo, schermo di Antenna 3 era solo un ricordo. Così, il 17 dicembre di due anni fa, Proseprini veniva accompagnato a San Vittore.
Per quella vicenda di corruzione e turbativa d’asta, l’ex esponente della Lega Nord poi passato ad An (arrestato assieme al patron del gruppo Profit-Odeon Tv Raimondo Lagostena Bassi e al consulente Massimo Saini), aveva patteggiato una pena di 3 anni e 5 mesi e 1.500 euro di multa. Eppure, pur sapendo di essere finito nel mirino dei magistrati, Prosperini avrebbe continuato a fare affari illeciti. Per questo, ora, il gip Ghinetti sottolinea come Prosperini - nonostante non rivesta più incarichi politici - mostri «una capacità di delinquere assolutamente attuale».

«Quanto agli illeciti fiscali - scrive ancora il giudice al termine delle 84 pagine di ordinanza di custodia cautelare - essi sono tanto sistematici quanto scontati, sì da far ritenere così basso il loro costo morale da risolversi in qualcosa che, nella sfera laica del delinquente, non è nemmeno percepito come riprovevole».

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