«Io, calciatore leghista in Costa d’Avorio»

Nel suo piccolo è una specie di Cristoforo Colombo. Lorenzo Cresta ha 29 anni, una decina li ha giocati in serie C, ma è stato anche nel Dundee in Scozia e nel West Ham in Inghilterra. Milanese, scuola Inter, difensore centrale. I prossimi tre anni però li giocherà in Costa d’Avorio, nell’Africa Sport di Abidjan. Ambasciatore del calcio padano in Africa, apripista, insieme all’allenatore Gianni Bortoletto, di un’operazione che il console italiano a Milano della Costa d’Avorio Fabrizio Iseni ha sintetizzato in un slogan che più leghista non si può: «Aiutiamoli a casa loro». A fare che? Siamo qui apposta per chiederlo.
Lorenzo, ma lei che ci fa in Costa d’Avorio?
«È un’occasione unica: sarò il primo italiano a giocare in un campionato africano».
Vabbè, ma non c’era qualcosa di meglio?
«Gioco in serie A, parteciperò alla Champions League africana. Le pare poco?»
Forse no, ma lei, nazionale della Padania, come si sente da immigrato bianco in un Paese africano?
«Abidjan è la Parigi dell’Africa non è difficile ambientarsi, è una città cosmopolita, moderna».
Sa, io invece ero convinto che...
«I pregiudizi non aiutano mai a vedere le cose come stanno. Quello che dicono dell’Africa è figlio di una comunicazione sbagliata, le cose vanno sempre viste con i propri occhi».
E lei che cosa vede?
«L’Africa è un posto meraviglioso che umanamente ti conquista come nessuno. C’è gente bellissima qui».
Lo sa però che la Costa d’Avorio come ricchezza è un po’ la Padania dell’Africa?
«È uno dei più grandi esportatori del mondo di cacao e cotone, ha il porto più importante di tutta l’Africa centrale, qui hanno sede le più grandi ambasciate europee».
...e che è piena di immigrati, addirittura sessanta gruppi etnici diversi?
«È il destino dei paesi ricchi: offrire un futuro migliore, regalare opportunità a chi non ne ha».
Appunto. Ma allora perché aiutarli a casa loro? Poi stiamo pure parlando di calcio...
«Vorremmo solo che con il tempo imparassero a capire che il loro campionato è importante, che loro sono importanti. Che è giusto aiutare il proprio Paese a diventare una realtà importante anche nel calcio».
Ma perché se sono campioni dovrebbero restarsene al loro Paese?
«L’Africa è fabbrica di talenti che cercano spesso fortuna in Europa. Noi vogliamo far partire il processo inverso: che non scappino all’estero, che siano felici di realizzarsi nel proprio paese. E solo dopo decidere se restare o partire».
Guardi però che la differenza sono i soldi...
«Non c’è confronto con quello che offre l’Europa. E nessuno li vuole trattenere in casa. Ma non deve essere l’unica occasione per svoltare nella vita, per avere successo, per farsi una famiglia, trovarsi un lavoro».
Mica facile. La Costa d’Avorio è già una grande potenza del calcio africano.
«Qui ci sono grandi talenti e squadre molto seguite, ma le strutture sono vecchie e organizzativamente sono molto indietro».
A proposito: ha sentito che Ancelotti vorrebbe allenare proprio la Costa d’Avorio?
«Come vede: Ancelotti ha capito tutto».
Abbiamo stadi vuoti, società indebitate, vivai sfioriti, tifosi violenti. Che cosa abbiamo da insegnare all’Africa?
«Tutto quello che abbiamo imparato in più di cento anni. A livello tecnico e organizzativo. Siamo campioni del mondo, no?».
Ma in Costa d’Avorio sanno cos’è la Padania?
«Prima o poi lo impareranno... ».
Il giocatore più africano della Padania?
«Fisicamente neanche uno. Ma chi ha tecnica perché non può venire qui?».
C’è un calciatore africano che ama?
«George Weah su tutti. Poi Roger Milla».
Neanche un ivoriano, vedo...
«Non c’è bisogno: Drogba e Kalou del Chelsea, Tourè del Barcellona, Ebouè dell’Arsenal. Sono già dei fenomeni»
E lei per chi tifa
«Nato nell’Inter. Ma milanista vero».
... quindi il suo sogno è?
«Vincere la Champions League africana e poi giocarmi la coppa del mondo per club. Magari contro il Milan... ».
È più straniera l’Inter o la Costa d’Avorio?
«La Costa d’Avorio non ha stranieri... ».
Ha sentito di Balotelli?
«Qui a dire la verità non se parla molto».
L’hanno insultato perché è nero
«A me non succederà mai... ».
E ci credo...
«Voglio dire. Un bianco che gioca nel loro campionato li meraviglia e li riempie di orgoglio. Altroché razzisti. Qui sono solo contenti di vedermi... ».
Ma se le gridassero «sporco bianco» lei che fa? Se ne va dal campo?
«Non ci penso proprio. Sa quanti insulti mi sono beccato in Italia? Non hanno risparmiato nessuno dei miei parenti... ».
Il razzismo però è diverso
«Il razzismo è umanamente schifoso».
Balotelli poi è italiano...
«... e parla con accento bresciano: è uno di noi».
... e allora?
«Gli insulti hanno lo scopo di ferirti nel profondo: la mamma, il colore della pelle, il tuo dio, per il tifoso non fa differenza. E impedirglielo non si può».
... e quindi
«Con l’insulto ti vogliono innervosire, farti giocare male. È una specie di gioco delle parti. A me invece ha sempre fatto l’effetto contrario. L’offesa mi dà una carica pazzesca».
Lei che è l’unico bianco in un campionato di neri vuole dire qualcosa a Balotelli?
«Lui non ha bisogno di me. Semmai a chi lo ha insultato avrei da dire due parole».


Siamo tutti orecchie...
«Occhio ragazzi, quello è un fuoriclasse. Se lo fate incazzare vi fa gol in tutte le maniere... ».
Morale...
«La prossima volta coccolatelo. Date retta: vi conviene. Se no quello vi fa neri... ».

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