«Io, la campionessa che a 80 anni ha vinto il mondiale di tennis»

Tutti i giorni scende in campo e, racchetta alla mano, si allena per ore. Dritto, rovescio, smash e battuta. Non perde mai di vista la pallina gialla, ama attaccare e preferisce la terra rossa all’erba sintetica. È stata tre volte campionessa europea e, dal mese di ottobre dello scorso anno, detiene il titolo di campionessa del mondo di tennis.
È milanese, si chiama Pinuccia Russo, classe 1927 e una grinta da vendere. La signora Russo, di casa alla Canottieri Milano che tradisce di rado per qualche partita nei campi del Leone XIII o al centro sportivo Kennedy, è la campionessa del mondo in carica per la categoria Women 80. «Devo difendere il titolo, ma non credo di farcela» ci confessa durante la quotidiana seduta di fisioterapia. Non crediate che a spaventarla siano le rivali: è tutta colpa dell’aereo. «Quest’anno il mondiale si tiene a dicembre a Sidney, in Australia - spiega - e non mi sento di affrontare un volo così lungo: non amo gli aerei. Peccato, perché sulla carta so che non troverei avversarie che mi spaventano. La migliore, un’americana, purtroppo non è granché in salute».
Signora Russo, è il suo addio al tennis?
«Neanche per idea. Dai primi di novembre comincio l’allenamento intensivo che prevede tutti i giorni, escluso sabato e domenica, tre ore di tennis e due volte la settimana il lavoro con un allenatore: voglio essere pronta per i singolari che giocherò in Austria. A gennaio c’è l'Europeo e voglio vincerlo».
Quante sono le atlete over 80 che praticano ancora tennis a livello agonistico?
«All’ultimo mondiale in tabellone eravamo 64, per la categoria che comprende le donne tra gli 80 e gli 85 anni, le più anziane».
Tra voi c’è rivalità o fair play?
«Decisamente più fair play, altrimenti non giocherei nemmeno. Siamo tutte agoniste, ma ormai ci conosciamo da anni. Pensi che nel 2008, un’annata magica in cui ho vinto sia l’Europeo che il Mondiale, la mia antagonista “storica” che non poteva giocare per motivi di salute venne ad assistere ai tornei solo per fare il tifo per me».
Un anno fa il trofeo più ambito.
«Il 24 ottobre 2008 ad Antalya, in Turchia, battendo in finale l'ungherese Erzsebet Szentirmay, ho coronato un sogno: il mondiale. È stata una vera festa anche perché coincideva con il ventiduesimo anniversario di matrimonio con mio marito Salvatore».
La famiglia ha avuto un ruolo importante nella sua carriera: tra i 23 e i 43 anni lei ha letteralmente attaccato la racchetta al chiodo.
«È vero. Ho allevato due figli, ora medici, e sono stata accanto a mio marito, da sempre occupatissimo con il lavoro. Avevo alle spalle tre titoli nazionali nei campionati universitari, ma ho preferito smettere del tutto. E non è stata l'unica grande rinuncia».
In che senso?
«Ero biologa, lavoravo all’istituto dei Tumori di Milano ai tempi in cui le équipe di ricerca erano selezionatissime. Tra le culture in vitro e le partite di tennis mi ero pianificata un futuro da single ma la vita, per fortuna, ha disposto diversamente».
Perché ha deciso di tornare a giocare dopo tanti anni di inattività?
«I miei figli erano cresciuti: ero determinata a ricominciare e a vincere ancora. Ho ripreso a iscrivermi nei circuiti internazionali, per trovare atlete al mio livello.

Per me il tennis è molto più che uno sport. È un distensivo, è un modo per superare i problemi, è uno stile di vita».
Ma lei in tutti questi anni è rimasta un’agonista: scende in campo per vincere.
«Si gioca sempre per vincere».

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