Peppino Caldarola*
La lepre Berlusconi continua a correre davanti. L'inseguitore Veltroni talvolta ne vede il profilo ma non la raggiunge ancora. Diciamolo, non l'ha raggiunta. La gara è ancora molto lunga. Né Berlusconi è docile e indifeso come una vera lepre, né Veltroni ha le sembianze del cattivo, nel senso di spietato, cacciatore.
Tuttavia le distanze fra i due schieramenti sembrano sostanzialmente immutate. Lo dicono i sondaggi, lo dicono gli allibratori inglesi, non chiederei alle fattucchiere dell'entroterra contadino veneto o lucano per evitare accuse di stregoneria. Ma allora è tutto falso quello che ha detto Veltroni? Credo di no. Credo davvero che una rimonta sia stata tentata e un passo avanti il Partito democratico veltroniano l'abbia fatto. Non rispetto al suo competitor elettorale quanto, piuttosto, rispetto ai valori numerici stimati all’inizio della battaglia in vista del 14 aprile. Il Pd veltronizzato è davanti al Pd pre-Veltroni e persino davanti al Pd del primo Veltroni.
Lo stato dell'arte era disastroso. Una maggioranza collassata. Un governo impopolare. La legislatura interrotta. Il segretario del Pd attirando l'attenzione su se stesso e proponendo una corsa a due al proprio avversario ha pensato di cancellare lo svantaggio di partenza.
Il nuovo inizio avrebbe dovuto cancellare il passato, tutto il passato, anche quello recente. Nella strategia degli annunci molte frecce erano state lanciate bene. Lo sganciamento dalla sinistra radicale, alcune affermazioni programmatiche impegnative (siamo riformisti non necessariamente di sinistra, basta con l'antiberlusconismo d'antan, l'ambientalismo del fare aveva incassato il «sì» alla Tav ecc.).
Alcune sono, invece, apparse eccessivamente disinvolte con qualche «ma anche di troppo» assieme a decisioni che sembravano contraddire l'assunto iniziale, cioè la dorata solitudine. Ad esempio l'alleanza con Di Pietro metteva in contraddizione l'anima garantista con quella giustizialista, al punto che le vere grane sulle candidature sono venute dalla fuoriuscita di tre esponenti di questo mondo politico-giudiziario come Giuseppe Lumia, Nando Dalla Chiesa e Giuseppe Giulietti. Tre esclusioni che hanno mobilitato la disponibilità all'accoglienza da parte dell'ex pm di Mani pulite. Sistemato Giulietti con l'Italia dei valori («Veltroni è d'accordo» ha detto il leader di art.21), ricollocato Lumia nella Sicilia di Crisafulli, Di Pietro si prenderà, infine, Dalla Chiesa. Il vero incidente di percorso Veltroni l'ha trovato nel conflitto appena sanato, ma pronto a riaprirsi ciclicamente fino al giorno del voto, con l'escluso e imbufalito Pannella. Ma è stato l'intero «affaire» delle candidature a rivelare un errore di strategia e di comunicazione.
Chi scrive è serenamente fuori. Fra me e la politica ormai c’è la tastiera di questo computer. Non faccio più politica. La racconto. Dov'è l'errore di Walter sulle candidature? È duplice. Il primo è l'aver concepito il centellinare dei nomi come un effetto-sorpresa che avrebbe dovuto stordire e affascinare l'elettorato mentre si è rivelato un vero boomerang. Ogni nome nuovo suscitava una reazione contraria. Dalle ragazze alle prime armi all’imprenditore Calearo, al professor Ichino, ai sindacalisti che hanno abbandonato Mussi. Invece di aggiungere cose le candidature toglievano ogni giorno qualche consenso. Infine la gestione centralizzata e casalinga dei promossi e bocciati è sfuggita interamente di mano al leader. Qui le vecchie burocrazie hanno fatto la loro parte peggiore. I territori sono stati mortificati, chi ha potuto ha infilato persone di fiducia. E chi merita più fiducia della tua segretaria, del tuo portaborse, del tuo addetto stampa, di tua figlia che «nu' piezzo ’e core»? Franceschini per coprire l'orrore delle liste ha dovuto inventarsi un ruolo di portaborse di Andreotti che è apparso ben oltre l'immaginazione e la buona educazione. Il drappello dei portaborse e delle segretarie ha configurato un vero, inquietante sottogruppo parlamentare di raccomandati difficilmente presentabile.
L'operazione liste che era stata concepita come la più grande campagna mediatica della storia repubblicana si è rivelata una vera Waterloo.
Conviene che Veltroni parli solo di programmi. Di quelli di ieri e di quelli di oggi. Per fermare la lepre ci vuole un buon fucile moderno. Con lo schioppo non si va da nessuna parte.* Deputato del Pd
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