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«Io, drogato dalle regate, arma in più di Luna Rossa»

Intervista al neozelandese Schnackenberg, nuovo navigatore del team italiano, 3 coppe in bacheca

Il neozelandese Tom Schnackenberg è stato talvolta descritto come «the best brain in yachting». Ha iniziato con la Coppa nel ’77, con un sindacato australiano. Nell’83 disegnava i genoa triradiali che consentirono a John Bertrand con Australia II, più famosa per le alette, di battere Dennis Conner con Liberty. Come tecnico e marinaio navigatore ha vinto ancora nel 1995, quando New Zealand portò la Coppa ad Auckland e nel 2000 nella difesa contro Luna Rossa. Nel 2003 era a capo del sindacato kiwi e perse malamente. Quando è arrivato Grant Dalton, voluto dagli sponsor, il suo ruolo si è ridotto fino all’intervento degli avvocati. In pratica è stato un licenziamento. È stato assunto da Luna Rossa con il ruolo di navigatore: è una preziosa memoria storica di eventi e tecnologie.
Come mai è ancora nella Coppa, non è stanco dopo tante battaglie?
«Sono “addicted”, dipendente. È una droga. Posso essere nelle isole tropicali o in montagna ma io leggo e mi aggiorno sulla Coppa. È la decima volta che la faccio, anche se con Enterprise di Lowell North sono stato per una sola settimana responsabile delle vele: ero andato a trovare gli amici e mi hanno trattenuto. Ho vinto tre volte, è molto bello».
Sembra che lei sia stato l’unico a pagare per la sconfitta di New Zealand nel 2003.
«È una cosa che mi sono lasciato alle spalle. Adesso sono contento di essere con Luna Rossa e non ci penso».
Come sono i neozelandesi?
«Hanno poche debolezze, sono ben allenati. Ma d’altra parte penso che siano nel gruppo, che siano forti ma che siamo in molti a poterli battere».
Qual è la miglior qualità di Francesco de Angelis?
«La cosa che mi ha impressionato di più è come sia preparato a considerare ogni aspetto della campagna e delle regate. Riesce a dare un contributo positivo in qualsiasi settore, che si parli di stazze, di regate, di carene. Ha una impressionante cura dei dettagli, anche quelli che ad altri sembrano poco importanti».
Ma questa è ancora una regata che si vince con la velocità della barca?
«Ci sono ancora i due elementi, quello umano e quello tecnologico. Un po’ di velocità ti può dare un vantaggio iniziale ma sta all’uomo convertirlo in vittoria lungo il percorso. Queste barche hanno velocità molto simili. Se si scompongono le regate in piccole parti si scopre che alcune sono andate molto forte, anche quelle deboli sulla carta, in alcuni tratti della regata. I potenziali di velocità sono molto forti in tutta la flotta. Cambia il modo di portarle e di arrivare ai risultati».
Luna rossa ha sorpreso gli altri team per la sua forma squadrata, c’è qualcosa che vi ha sorpreso degli altri?
«La sorpresa più grande è ancora la grande diversità di forme nei bulbi, nelle prue, nelle carene. Per molto tempo abbiamo pensato che i progettisti avrebbero finito per fare barche simili, come accade nelle box rule, ma questo non succede. I designer non hanno perso l’opportunità di esplorare diverse soluzioni».
Nella forma squadrata di Luna Rossa c’è il suo lavoro?
«Abbiamo provato diverse configurazioni e misure e questa sembrava la più promettente. Aspettiamo i risultati».
Qualcuno dice che siano stati mostrati bulbi di legno durante l’unveiling...
«Ah, ah. No. Anche io sono stato accusato di averlo fatto nel 2000, in realtà le barche devono avere un certificato di stazza valido quando sono mostrate al pubblico. Devono essere in un assetto corretto e non puoi ottenerlo senza piombo. Quello che abbiamo visto probabilmente non è ciò che i sindacati useranno, ma almeno quello che hanno provato a un certo punto del loro lavoro nella ricerca progettuale...».
Si aspetta di navigare, di essere ancora navigatore?
«Non credo, in pozzetto bisogna crescere insieme, ci vuole comunicazione. Conoscere i codici comuni. Anche Matteo Palizzi è un ottimo navigatore ma non credo lo vedremo a bordo».
La forza di Alinghi è ancora l’anima kiwi?
«Può darsi... È un sindacato con un carattere molto fermo. In regata, anche quando sono in svantaggio, dimostrano di avere un piano e di saperlo realizzare. Non vanno in giro per il campo per capire dove è meglio e dove è peggio. Lavorano con molta pazienza facendo andare tutta la barca. Guadagnano qualcosa ovunque, nella regolazione, nella virata. Hanno un equipaggio non giovane ma dove l’esperienza viene sempre ricompensata. Le buone decisioni si vedono. D’altra parte non c’è più solo un’anima kiwi. L’anima è diventata più grande e internazionale».
Allora è un kiwi mood, uno stile.


«Sì, può essere giusto, è come se ci fosse ancora Russell, l’impronta è ancora la sua».

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