Roma - Ciò che li unisce, al momento, è il cinema. Ma se lo fanno ognuno per conto proprio, uno in America, l’altro in Africa. «Non siamo mica i Taviani, o i Cohen. Piuttosto, somigliamo ai fratelli Scott», dice Silvio Muccino, stringendo a sé il piccolo Michael, otto anni d’irrequietezza nera, quanto a pelle e vivacità. Sarà ambientato in Africa, infatti, il prossimo film del fratello minore di Gabriele Muccino, anche lui ai nastri di partenza con il sequel de L’ultimo bacio, dal quale Silvio è escluso, dopo aver recitato per anni nei film intimisti del più famoso congiunto. E che cosa fa, ne L’altro mondo, metà road-movie, metà commedia (dall’omonimo libro della storica sodale del «Muccinino», Carla Vangelista) il ragazzino di colore, seguito passo passo da mamma Shawna, maestra giamaicana di New York, col pallino dei video? Ma il fratello, manco a dirlo. Il fratellino piccolo del protagonista Andrea, cioè Muccino jr. (qui regista e interprete), scoperto all’improvviso in Kenya, dove il padre di entrambi, dopo aver abbandonato la famiglia, s’era rifatto un nido e... «Il mio è un film sulla paternità. Però qua, io sono il fratello di Charlie, uno più orfano di me. Trovo che sia dovere di ogni figlio diventare padre di se stesso: è importante, quando la figura paterna manca», cerca di chiarirsi le idee l’artista classe 1982, «Converse» sdrucite ai piedi nervosetti e occhi di lago, con brezze malinconiche affioranti. Dopo anni di analisi, Silvio fa citazioni, attribuendole a Jung o a Freud («non mi ricordo chi dei due ha detto che l’Africa è l’inconscio interiore»), perché gli brucia una ferita nel sangue del suo sangue e la memoria fa cilecca. «Non mi va di parlare del mio litigio con Gabriele: sono fatti privati e ci siamo già chiariti», avverte il mio miglior nemico dei beati anni in cui tutto filava liscio e Verdone lo dipingeva come un marmocchio, che gli ungeva di grasso di prosciutto i divani di casa.
Ma che è successo tra i fratelli di schermo? «Non parlo con Silvio ed è motivo di rinnovato dolore. Credo che sia depresso», ha dichiarato Muccino senior, nel frattempo padre per la terza volta, dirigendo Will Smith due volte e facendosi largo nella giungla di Hollywood (a ottobre, sarà in giuria al Festival di Roma). È arrivato, insomma. Anche ai ferri corti con Silvio, però, che da Vanity Fair gli ha replicato, e senza zeppola: «Non mi so spiegare perché mio fratello abbia detto che io sia depresso. Ed è un po’ paradossale che io debba, a mia volta, dichiarare che è tutto a posto. Confermo che abbiamo avuto una discussione e che non ci parliamo». Bel guaio per Antonella Cappuccio, la madre pittrice dei Gracchi in contesa: i suoi figli comunicano per interposto giornale. «Meno male che c’è l’Oceano, tra me e il mio ingombrante fratello», s’era fatto sfuggire Silvio. E adesso, mentre l’estate surriscalda animi e cuori e il ragazzino Michael sderena Silvio («vuole giocare a basket al Flaminio, come Obama; poi lo porto a nuoto, poi a mangiare il suo gelato preferito, al gusto di cannella»)? «Conosci te stesso, ho studiato al liceo. Metterò le mani dentro l’anima dei miei personaggi, andrò a Nairobi per le riprese e no, non c’è nulla di drammatico tra me e Gabriele: succede in tutte le famiglie».
È vero. Però, una tendenza a riandare sulle orme del fratellone, non si evidenzia nella scelta del bambino nero e carino come Jaden Smith, il figlio di Will, che cercava la felicità? «Il mio film non ha punti di contatto con La ricerca della felicità, a parte il bambino, visto in un video di Tiziano Ferro. Parlerei di About a boy, col suo tono di commedia. E qui non si cerca il padre. Anzi: si cerca di dimenticarlo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.