Con il titolo di Scottish Champion in tasca e con il ventisettesimo posto nell'Open Championship, il discorso Ryder Cup si fa bollente per Edoardo Molinari. Il quale, però, solo fino qualche settimana fa, da bravo ingegnere abituato a credere solo nei numeri, nicchiava e negava qualsiasi coinvolgimento emotivo nei confronti di una possibile selezione. Ora. Si sa che la vita è fatta di episodi. E un episodio come quello di Loch Lomond è destinato a cambiare le prospettive e a ribaltare le situazioni. Traduzione: oggi lingegnere intravede unampia percentuale di possibilità di staccare il biglietto per il Galles.
«Si, lo ammetto - ha raccontato a St. Andrews- per la prima volta comincio seriamente a pensare alla convocazione in Ryder Cup, anche se ovviamente ci sono ancora dei tornei importanti, come Bridgestone e il Pga Championship, che possono stravolgere tutto».
Per caso in un eventuale foursome di Ryder Cup con suo fratello, ha già ipotizzato chi dovrebbe drivare le buche dispari e chi le pari?
«Presto detto: se non sbaglio i par cinque del Celtic Manor sono dispari, quindi toccherebbero a me e a Francesco invece le buche pari».
E perché?
«Semplice: il mio drive è più lungo di quello di mio fratello, mentre lui tira meglio di me i ferri lunghi al green. Alternandoci così, ai par cinque avremmo più chance di ottenere dei birdies».
In questo momento è ancora fuori dalla convocazione automatica. È dunque un rookie che deve sperare in una wild card concessa dal capitano. Oltre a ciò, dietro di lei premono campioni di esperienza, come Harrington, Garcia e Casey. La preoccupano?
«Non più di tanto. Sono certo che di tre wild card a disposizione di Montgomerie, una andrà a Padraig, mentre Casey riuscirà a qualificarsi di diritto. Resterebbero così due wild card e una spero che sia per me, anche perché non credo che Sergio riesca a entrare in squadra».
E come Edoardo, sembra pensarla anche Paul Azinger, il capitano americano dell'ultima Ryder Cup, quella giocata a Valhalla e targata a stelle e strisce: «Nella selezione di una squadra, non è importante né quanti esordienti si hanno, né se sono più numerosi dei giocatori che hanno già esperienza di Ryder. Per esempio, due anni fa il mio team aveva ben sei rookies, ma abbiamo vinto comunque, perché chiunque arriva a giocare a quel livello, è un campione degno della fiducia del capitano».
Speriamo che Colin la pensi allo stresso modo.