«Io, Papa Luciani dei tecnici Ma con la panca ho chiuso»

Scusi Gigi Maifredi, ma chi gliel’ha fatto fare a rituffarsi nel calcio e perché proprio a Brescia?
«Purtroppo, chi nasce allenatore si porta dentro per sempre questa malattia, ma adesso non voglio riciclarmi come tecnico in panchina. Quando allenavo, ogni squadra era un nuovo stimolo, ma poi mollavo e perdevo l’entusiasmo. Con questa per me nuova qualifica di “consulente tecnico”, la prima volta in assoluto, mi interessa vedere quello che riesco a fare nel Brescia del mio amico Corioni».
Quindi non farà più l’allenatore?
«Mai più in vita mia, ho smesso da un pezzo. Cerco nuove esperienze, qualcosa di positivo per il Brescia e per il suo tecnico Beppe Iachini».
Allora, malgrado gli altalenanti risultati, Iachini può stare tranquillo?
«Non deve avere paura di Maifredi, ma pensare a Prandelli che al Parma aveva come tutela un certo Arrigo Sacchi. E abbiamo visto dove è arrivato Prandelli. Io ho le spalle larghe, di botte ne ho subite ma sono rimasto sempre in piedi. Mi interessa solo creare una squadra da dare in mano a Iachini per vincere e ritornare in serie A».
Però, se le cose dovessero andare male, lei è lì pronto...
«Nemmeno per sogno, il presidente Corioni se ne cercherà un altro, non certo il sottoscritto che con la panchina ha definitivamente chiuso. Ogni età ha il suo obiettivo: ora studio per diventare direttore generale, per imparare a gestire un club e Corioni tra 5-6 mesi dovrà dirmi cosa intende fare di me nel Brescia, perché questo è il mio obiettivo».
Dia un giudizio sulla sua carriera di mister.
«Strapositivo. Quando sono andato alla Juve ero l’allenatore più forte del mondo, tutto il resto è noia, come canta Califano. Sono un vincente, ma in bianconero mi sono trovato ad essere il gemello di Maifredi e la società non mi ha certo aiutato. Quando ero a Bologna avevo un mucchio di amici, a Torino ero solo e mi sentivo penalizzato e avrei fatto meglio ad andare alla Roma quando il presidente Viola me l’aveva chiesto. Certo che allenare la Juve è come diventare Papa. Ecco, io sono il Papa Luciani della Vecchia Signora, l’ho allenata per troppo poco tempo».
Rifarebbe tutto quello che ha fatto, oppure...
«No, a bocce ferme devo riconoscere d’aver commesso un miliardo di errori, a cominciare dall’approccio con le grandi società. Però mi piaceva lottare col sorriso sulle labbra».
L’ultima sua apparizione come allenatore risale al 23 ottobre 2000 a Reggio Emilia. Come si può stare quasi 10 anni senza panchina?
«Ho fatto tante altre cose: ho inventato il “Gladiogol”, due contro due; faccio l’opinionista televisivo e poi, visto che sono del 1947 come Sacchi, ho deciso di fare qualcos’altro nel calcio.

Adesso credo in questo Brescia, ha raccolto poco finora, ma si risolleverà perché è un campionato di B senza grandi squadre».
A proposito di grandi, che ne dice di Mourinho da lei criticato nei giorni scorsi?
«Lasciamo perdere, non voglio fare polemiche. Posso solo dire che di allenatori italiani bravi ce ne sono, eccome».

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