Politica

«Io, portiere del palazzo deserto»

Uno-ics-due. Un tempo era il mantra recitato da ogni scommettitore calciofilo. Uno-ics-due, dal 1992 al 15 marzo 2004 è stato anche il mantra di Pio Grillotti. Perché lui era (ed è) il custode della Fortuna. Era (ed è) il portiere (nel senso di portinaio) dello stabile genovese dove finivano, per milioni di italiani, i sogni della domenica sera. Le nostre schedine, assegni circolari che nessuno s’è mai sognato di incassare, s’ammucchiavano proprio lì, nel palazzone kafkiano che era la «casa» del Totocalcio. Poi, il Totocalcio ha cambiato padrone e sede, dal Coni ai Monopoli di Stato. Qualcuno potrebbe dire: dalla padella alla brace. E hanno cambiato padrone e sede anche i dipendenti. Tutti tranne uno. «Lei ha un contratto di portierato, quindi è legato all’immobile», gli dissero. E gli immobili, si sa, immobili sono: stanno fermi. Fermi come lui, Pio Grillotti, che oggi è ancora lì, fermo, a far la guardia al bidone, a custodire il vuoto.
Lei, Pio Grillotti, è il guardiano di un faro spento in un mare di burocrazia, è un naufrago su una zattera invisibile, è l’ultimo granello di sabbia incastrato nella strozzatura della clessidra. È un sassolino nella scarpa dello Stato-Panopticon, che tutto vede e a nulla provvede. E adesso che c’è aria di avvocati, adesso che il sassolino, nel suo piccolo, s’è preso il lusso, così, tanto per far qualcosa, d’incazzarsi, guai a lui... Ci pare già di sentire l’avvocato della parte avversa, quando tenterà di indurla, caro Grillotti, a una transazione, seduti in un bar del porto, per non dar troppo nell’occhio: «Via, signor Pio, proprio lei, con quel nome che dovrebbe essere specchio di devozione e timor di Dio, non sarà mica un anarchico, con tutta questa voglia di uscire in strada a gridare “fatemi fare qualcosa!!!”. Se lei è, come è, “legato all’immobile” dovrebbe prendere esempio dalle piastrelle, dai mattoni, dalle finestre: star lì e non rompere le scatole. E poi, diciamo la verità, il suo stipendio è a prova di bomba: chi potrebbe licenziarla? E soprattutto, perché, visto che le sue mansioni, di fatto, da oltre quattro anni non esistono? Non è che lei, per caso, s’è messo d’accordo con qualche scrittorucolo tipo Buzzati o Borges per farsi fare un raccontino su misura? Per andare in televisione?».
Ma lei non molli, Grillotti, non accetti la transazione. Se ne stia tranquillo in portineria. E lasci stare anche lo psicologo. Piuttosto, stia fermo sulle sue posizioni, tenga alta la bandiera della sua fortezza Bastiani, della sua isola del tesoro ipotetico, della sua Atlantide sprofondata sotto la polvere di una pratica inevasa. Conceda ai nemici l’illusione di vincere a quel vecchio gioco, ricorda?, dell’«uno-ics-due». «Resta-chiede il pensionamento-fa causa». Lo chiameranno forse Totogrillotti. Se ne freghi.

E, soprattutto, non accetti scommesse sulla sua vita.
Daniele Abbiati

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